Agroindustria e ricchezza del territorio | Unife converte lo scarto in valore sostenibile
Unife, le imprese e il territorio
Creare posti di lavoro e inserire nelle imprese filoni innovativi proficui anche per la salvaguardia dell’ambiente: a questi obiettivi punta ECO-LAB, il progetto di economia circolare che coinvolge l’Università di Ferrara per la valorizzazione dei residui di lavorazione da trasformare in nuovo prodotto per l’industria.
Il progetto è stato finanziato dalla Regione attraverso il bando per la realizzazione di laboratori territoriali per l'innovazione e la sostenibilità delle imprese dell'Emilia-Romagna ed è coordinato dal Comune di Argenta. Il gruppo di ricerca Unife è guidato dal Prof. Stefano Manfredini del Dipartimento di Scienze della Vita e Biotecnologie, Direttore del Master COSMAST, e collabora all’obiettivo “Filiera agroalimentare” con azioni a sostegno della responsabilità sociale delle aziende e dello sviluppo di nuove attività di impresa.
“Il nostro studio – spiega il Prof. Manfredini - rientra in un ambito molto ampio nel quale Unife sta investendo dal 2010 circa, quando ancora l’attenzione alla sostenibilità non era così diffusa e l’Onu non aveva stilato i diciassette obiettivi dell’Agenda 2030. L’Università di Ferrara è stata assolutamente antesignana per la ricerca sui residui dell’industria agroalimentare da utilizzare nel settore farmaceutico, nutrizionale e cosmetico.”
“In generale – continua il Professore –, i sottoprodotti della lavorazione alimentare contengono una percentuale molto significativa di ingredienti da trasformare in nuovo bene di valore, che può raggiungere anche il 37-40% dell’intera massa lavorata. Prendiamo ad esempio la vinaccia scartata dopo la spremitura dell’uva: con un primo step ne estraiamo un contenuto importante di proteine, polisaccaridi e aminoacidi che, sottoposti a un processo di fermentazione, producono una nuova materia prima caratterizzata da un’enorme ricchezza di principi attivi, come gli antiossidanti. Ma non è tutto: al termine della fermentazione possiamo anche decidere di utilizzare l’ulteriore scarto di vignina come ‘carburante’ per altri microrganismi, per altri lieviti, realizzando insomma un meccanismo ciclico e sostenibile di produzione.”
Professor Stefano Manfredini
Oltre agli scarti dell’uva, sempre rispettando i principi della “chimica verde” e utilizzando metodologie a impatto ambientale zero, in particolare tecnologie green e biotecnologie, il team ha studiato la produzione di acido lattico e biopolimeri per packaging a partire dai residui della lavorazione dei pomodori. Ma anche crusca, cous cous e quinoa per ottenere solventi e tensioattivi ecocompatibili.
Lo studio Unife si inserisce a pieno nel contesto indicato dal Programma nazionale per la ricerca 2021-27 (PNR) del Ministero dell’Università e della Ricerca per il “Grande ambito Prodotti alimentare, bioeconomia, risorse naturali, agricoltura e ambiente”, che rileva dati considerevoli per quanto riguarda la bioeconomia, ovvero i settori e sistemi che si basano su risorse biologiche (animali, piante, micro-organismi, biomasse, scarti e rifiuti organici). Le ultime rilevazioni disponibili vedono la bioeconomia come vero e proprio driver dell’economia europea, nonché settore strategico in diversi Paesi del Continente, con un fatturato totale di 2.300 miliardi di euro, di cui due terzi dovuti ai sistemi agroalimentari.
Il PNR sottolinea come per contribuire in maniera sostanziale al benessere dei cittadini, la bioeconomia debba attenersi a due principi fondamentali, sostenibiltà e circolarità, che possono garantire la modernizzazione dell’industria, la salvaguardia dell’ambiente e la tutela della biodiversità. Il PNR chiarisce inoltre che “il potenziale della bioeconomia sarà possibile solo grazie a ingenti investimenti in ricerca e innovazione in tutti i settori coinvolti, cercando di tradurre l’innovazione all’interno di nuovi prodotti e servizi. Uno sviluppo in termini sostenibili della bioeconomia potrebbe portare la creazione entro il 2030 di un milione di posti di lavoro”.
“ECO-LAB è un esempio virtuoso del dialogo continuo e proficuo che il nostro ateneo ha con il territorio – dichiara il Prof. Enrico Bracci, Prorettore alla Terza Missione di Unife –, al quale l’università ‘restituisce’ sapere accademico e i risultati di formazione e ricerca anche per dare slancio alle imprese. In questo caso Unife è andata incontro alla vocazione agricola della provincia ferrarese, caratterizzata da superfici di grandi dimensioni interamente coltivabili, per schierarsi a fianco delle imprese. Dando infatti valore aggiunto alle aziende locali della filiera agroalimentare leader dei mercati nazionale ed esteri, si possono creare le condizioni per dare una nuova ricchezza al territorio.”
Professor Enrico Bracci
Le imprese insediate nel Comune di Argenta sono attivamente coinvolte nel progetto e giocano un ruolo centrale, non tanto per la messa a disposizione del prodotto, quanto per la rispondenza alla possibilità di aprire nuovi filoni di attività, che rappresentano l’opportunità più immediata per favorire la crescita qualitativa del tessuto imprenditoriale.
L’approfondito lavoro del gruppo dell’Università di Ferrara ha consentito la partenza della fase 2 del progetto ECO-LAB, che, sempre grazie a un finanziamento della Regione, vedrà la realizzazione di uno studio di fattibilità per l’insediamento di un impianto di produzione di nuovi polimeri tramite valorizzazione di imballaggi e scarti della catena alimentare.