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Covid-19 e identificazione delle varianti | Alla dottoranda Chiara Mazziotta il premio della Fondazione Carlo Erba

15/04/2021

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“Rispetto ai metodi utilizzati finora questo nuovo approccio è più affidabile e accurato in termini di identificazione del genoma di SARS-CoV-2. Inoltre, è più rapido e consente di amplificare una frazione di genoma virale utile anche per discriminare le varianti del virus”.

Chiara Mazziotta, dottoranda del terzo anno di corso in Medicina Molecolare dell’Università di Ferrara, ha messo a punto un nuovo protocollo di amplificazione del genoma del virus corona SARS-CoV-2 mediante l’innovativa tecnica di Droplet Digital PCR (ddPCR).

Grazie a questo progetto scientifico, si è aggiudicata il premio nazionale della Fondazione Carlo Erba di Milano "Cecilia Cioffrese - Malattie Virali" 2020-2021.

Questa innovazione tecnologica per la diagnostica di laboratorio permette delle analisi più veloci e accurate per l’identificazione delle sequenze genomiche del SARS-CoV-2 sia negli asintomatici che nei pazienti affetti da COVID-19.

Dott.ssa Mazziotta innanzitutto congratulazioni. Come è iniziato il percorso che l'ha portata a diventare dottoranda del corso in Medicina Molecolare?

Grazie, essermi aggiudicata il Premio della Fondazione Carlo Erba è veramente di grande soddisfazione. Ho iniziato i miei studi all’Università di Ferrara iscrivendomi al corso di laurea triennale in Scienze Biologiche. Qui ho trovato un ambiente ospitale e stimolante, così ho deciso di proseguire gli studi a Unife conseguendo la laurea magistrale in Biotecnologie per l’Ambiente e la Salute. Durante il periodo di tirocinio per la tesi sperimentale di laurea, mi sono appassionata sempre di più a quello che stavo studiando e investigando in laboratorio. Per questi motivi ho deciso di continuare gli studi partecipando al concorso per il dottorato in Medicina Molecolare, che mi avrebbe consentito di occuparmi di ricerche e studi negli ambiti dei miei interessi scientifici. Inoltre, è stata significativa la disponibilità della mia tutor, la Prof.ssa Fernanda Martini, che in questi anni mi ha guidata e seguita nelle attività di ricerca. Le mie ricerche scientifiche mi hanno permesso di approfondire diverse tematiche favorendo quindi la mia crescita e a migliorare giorno per giorno anche gli aspetti tecnologici innovativi. Nell’insieme il mio percorso formativo ha assunto nel tempo delle caratteristiche tali che mi hanno portato ad affrontare temi di ricerca alla frontiera del conosciuto.

Su quali ambiti vertono le sue attività di ricerca?

In questi anni di dottorato ho avuto modo di partecipare a progetti di ricerca riguardanti diversi ambiti. Nello specifico le mie attività di ricerca sono indirizzate alla biologia applicata ai virus, all’oncologia molecolare e alla medicina rigenerativa.

Mazziotta 1

Chiara Mazziotta mentre svolge ricerche in laboratorio

Per comprendere la trasmissione e l’evoluzione del virus SARS-CoV-2 sono necessari il sequenziamento e l’analisi del genoma virale, cosa prevede esattamente il suo progetto scientifico?

Il progetto prevede la messa a punto di un nuovo protocollo di amplificazione del genoma del virus corona SARS-CoV-2 mediante l’innovativa tecnica di Droplet Digital PCR (ddPCR). Con questa metodica è possibile ottenere una quantificazione assoluta delle copie virali presenti nel campione da analizzare. Inoltre, la ddPCR è una metodica molto sensibile in grado di individuare la presenza di una singola molecola di genoma virale. Nello specifico, il nuovo protocollo messo a punto nei nostri laboratori consentirà di rilevare accuratamente sequenze specifiche del gene spike (S) di SARS-CoV-2 utilizzando coppie di oligonucleotidi e sonde specifici per questo virus corona. Questa strategia permetterà di distinguere la presenza del genoma SARS-CoV-2, da quella di altri virus corona omologhi, grazie all'utilizzo di oligonucleotidi specifici che amplificano le regioni genomiche del gene S. In questo modo è possibile amplificare tratti di genoma che possono essere mutati nei diversi ceppi consentendo di evidenziare le varianti virali sia mediante ddPCR che con il successivo sequenziamento del tratto di genoma amplificato.

Come può contribuire questo metodo a contrastare più efficacemente la pandemia?

Questo nuovo metodo di ddPCR può garantire un'analisi/diagnosi di laboratorio precoce e accurata, rapida e riproducibile grazie alla rilevazione anche di una bassa carica virale in soggetti/pazienti sia asintomatici che sintomatici e, di conseguenza, una più rapida e adeguata gestione della malattia Covid-19.

Perché si formano nuove varianti dei virus?

I virus tendono a moltiplicarsi, mutare ed evolversi man mano che infettano le cellule dell’ospite in modo da poter produrre molte copie del proprio genoma, anche diverse rispetto al genoma parentale. Durante questo processo replicativo il genoma virale può accumulare errori di copia che rendono le nuove molecole del genoma virale prodotte diverse rispetto alle originali. Questo è dovuto al fatto che i virus sono poco fedeli e accurati nel duplicare il loro genoma e quindi naturalmente introducono mutazioni con alta frequenza. Questi aspetti biologici sono soprattutto rilevabili in natura tra i virus a RNA con genoma segmentato. In molti casi queste mutazioni non hanno alcun impatto sulle caratteristiche del virus. In altri casi invece, le mutazioni introdotte forniscono al virus nuove caratteristiche che gli permettono di avere dei vantaggi dal punto di vista della sopravvivenza, trasmissibilità, infettività, patogenicità e virulenza. Quando in una popolazione virale le nuove caratteristiche acquisite risultano essere ricorrenti si parla di varianti. Ad esempio, la variante inglese ha acquisito un maggior grado di infettività rispetto ad altri ceppi virali permettendo quindi a questa variante di diffondersi più rapidamente.

Come si formano? Le importiamo dall'estero o nascono nella nostra comunità?

Le varianti derivano da errori durante la replicazione virale nelle cellule dell’ospite infettato. Questo è un fenomeno naturale e totalmente casuale che potrebbe avvenire in ogni singolo individuo infettato dal virus, potrebbero quindi formarsi anche nella nostra comunità.

In che modo si identificano in laboratorio le varianti?

Vengono identificate mediante un’analisi molto specifica detta sequenziamento del genoma. Questo tipo di analisi permette di determinare la corretta sequenza nucleotidica di specifici geni o frazioni del genoma virale che putativamente sono mutate. Un esempio, il virus corona SARS-CoV-2 può essere analizzato nella frazione o gene che codifica per la proteina Spike, la quale come è noto svolge un ruolo chiave nell’infezione e nell’ingresso del virus nelle cellule.

L'individuazione delle varianti è importante per lo sviluppo dei vaccini?

Avere la conoscenza di quali varianti si diffondono è fondamentale per allestire nuovi vaccini specifici che contengano la frazione del nuovo genoma virale circolante. Le nuove varianti potrebbero evadere la risposta immunitaria indotta dalle vaccinazioni oggi in commercio, dove per evasione si intende la perdita di capacità da parte degli anticorpi di neutralizzare la nuova variante del virus. Conoscere quindi, la sequenza genetica delle varianti permette di correggere nel caso in corso d'opera i vaccini o allestirne di nuovi sempre più efficaci per contrastare le varianti insorte. Per esempio, una situazione analoga si verifica di sovente per le varianti dei virus influenzali. Per questo motivo, oltre che per fare il richiamo della risposta anticorpale, ogni anno si deve allestire un nuovo vaccino da somministrare alla popolazione.

Quali sono i suoi progetti per il futuro?

Per conseguire il titolo di Dottorato continuerò a lavorare sui progetti di ricerca di cui mi sto occupando in questo momento. Per il prossimo futuro ho in programma un periodo di studio/ricerca all’estero. Penso che questa esperienza mi darà ulteriori spunti per studi futuri e migliorare le mie competenze e la mia professionalità. Per quanto riguarda il progetto sul COVID19, mi auguro che il premio della Fondazione Carlo Erba possa fare da traino per ottenere i fondi di ricerca ad hoc, che attualmente mancano, per poter sviluppare questa ricerca innovativa.

 

Intervista a cura di Carlotta Cocchi