Progetto Sahrawi
Il Centro di Ateneo di Cooperazione allo Sviluppo ha iniziato nel 2011 la sua collaborazione al progetto regionale di cooperazione con il popolo sahrawi (“Incremento della disponibilità e dell’uso razionale di farmaci essenziali prodotti localmente nei campi di rifugiati sahrawi” (2011-2013)), con l'obiettivo di valutare l’utilità di un recupero della Medicina Tradizionale Sahrawi, che sta lentamente scomparendo e rimane appannaggio delle donne più anziane, per integrare l'uso di farmaci allopatici.
Nel novembre 2013 la prof.ssa Guerrini ha partecipato ad una missione nei campi profughi sarhawi per rendere operativa questa fase del progetto. Il 9 novembre il Ministro della Salute Sahrawi, Mohamed Lamin Daddi, ha partecipato al Convegno "Cooperazione sanitaria e sviluppo umano" tenutosi a Ferrara.
Nel 2021 è stato ottenuto il finanziamento di un progetto denominato "Rafforzamento della sicurezza alimentare e nutrizionale della popolazione sahrawi attraverso la valorizzazione delle piante autoctone del Sahara occidentale e la promozione di un’agricoltura sostenibile" dalla Presidenza del Consiglio dei ministri sulla ripartizione della quota dell’otto per mille dell’IRPEF a diretta gestione statale per l’anno 2019 per la tipologia “Fame nel mondo” – rif. prat. 231/2019 (Fondi otto per mille IRPEF – d.P.R. 10/03/1998, n. 76).
Il progetto ha la finalità di realizzare iniziative di formazione, di condivisione di strumenti di ricerca e innovazione per la crescita economica e sociale della popolazione sahrawi attraverso opportunità di cooperazione. Le finalità e gli obiettivi specifici che il progetto, della durata di tre anni, si prefigge di raggiungere sono:
1) integrare la dieta con alcune piante del Sahara Occidentale con adeguato contenuto di micro e macro-nutrienti;
2) ridurre il tasso di anemia nei bambini di età inferiore ai 5 anni e nelle donne in età fertile (età 15-49 anni);
3) produrre alcuni integratori alimentari o prodotti erboristici, anche ad uso esterno, da piante del Sahara occidentale nel laboratorio “M. Embarek Fakal-la”;
4) promuovere la coltivazione di alcune piante oggetto dello studio, attraverso la definizione di uno specifico protocollo.
Il capofila è il comune di Albinea, l'università di Ferrara (prof.ssa Alessandra Guerrini, prof.ssa Angelina Passaro, dott.ssa Annalisa Maietti e prof.ssa Silvia Vertuani) e Bologna sono partner.
https://www.comune.albinea.re.it/firmato-il-progetto-8x100-per-sostenere-e-migliorare-la-sicurezza-alimentare-del-popolo-sahrawi/
UN PO' DI STORIA
Il Sahara occidentale, conosciuto come ex Sahara spagnolo, è l’ultima colonia africana. Si tratta di un territorio di circa 266.000 Kmq, che confina a nord con il Marocco, a sud con la Mauritania, a est con l’Algeria e a ovest con l’oceano Atlantico. E’ il Congresso di Berlino che nel 1884 assegna la regione atlantica del Sahara alla Spagna, che poi diverrà la colonia del Sahara spagnolo.
Nel 1965 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite invita la Spagna a decolonizzare il Sahara e a “procedere all’organizzazione di un referendum, da realizzarsi sotto gli auspici delle Nazioni Unite, al fine di permettere alla popolazione autoctona del territorio di esercitare liberamente il suo diritto all’autodeterminazione”.
Il 14 novembre 1975, la firma degli Accordi di Madrid tra i governi spagnolo, marocchino e mauritano, cambia il corso della storia del Sahara occidentale. In base agli accordi, la Spagna deve abbandonare il Sahara occidentale, che subito dopo è occupato militarmente da due dei Paesi confinanti: il Marocco da nord e la Mauritania da sud. Alla popolazione civile sahrawi, fatta oggetto di bombardamenti, anche con bombe al napalm e al fosforo, non rimane che fuggire verso la frontiera algerina, sotto la protezione del Fronte Polisario, che il 27 febbraio 1976, proclama la Repubblica Araba Sahrawi Democratica (RASD), membro dell’Unità africana e riconosciuta da più di ottanta Paesi nel mondo. Da quel momento la popolazione sahrawi vive divisa, in parte nei campi di rifugiati in Algeria e in parte nel Sahara occidentale occupato dal Marocco, dopo che la Mauritania nel 1979 si ritira dal conflitto.
Nel 1991, dopo quindici anni di guerriglia, Marocco e Fronte Polisario sottoscrivono, sotto l’egida delle Nazioni Unite, un accordo per lo svolgimento di un referendum di autodeterminazione, che lascia al popolo sahrawi la possibilità di scegliere tra indipendenza e annessione al Marocco. Nel mese di settembre dello stesso anno, dopo la proclamazione del cessate il fuoco, le Nazioni Unite inviano una missione, la MINURSO (Missione delle Nazioni Unite per il Referendum in Sahara Occidentale), con l’incarico di organizzare il referendum, previsto inizialmente nel mese di gennaio 1992. Dal 2001 le Nazioni Unite continuano ad avanzare nuove proposte, ma senza arrivare ad alcun risultato concreto.
Dal 1975, la popolazione sahrawi che vive nel Sahara occidentale occupato dal Marocco subisce una violenta repressione da parte dello Stato marocchino, che mantiene i Sahrawi sotto un’insopportabile pressione quotidiana con arresti, torture, processi farsa, sparizioni forzate, che fanno parte di una vera e propria strategia del terrore finalizzata a eliminare il sentimento nazionalista dal Sahara occidentale. Tutto ciò avviene nell’assoluto silenzio. Poche sono, infatti, ancora oggi le informazioni e le analisi indipendenti sulle condizioni e sui bisogni del popolo sahrawi che vive nei territori occupati, le poche disponibili sono diffuse attraverso reti clandestine, e oggi, grazie alle nuove tecnologie, attraverso i telefoni cellulari e la rete internet.
Dal 1991 il popolo sahrawi continua a combattere la propria lotta a livello diplomatico, in vista di un referendum che però non arriva per ragioni soprattutto economiche. L’occupazione illegale del Sahara occidentale, infatti, consente al Marocco di sfruttare illegalmente le risorse naturali del Sahara occidentale, principalmente fosfati e pesca.