Alla Casa di Reclusione Femminile di Venezia la presentazione del libro di Salvatore Striano, "La tempesta di Sasà"
A seguire, alle 17.30 presso il Liceo Artistico “M. Gugennheim” l’autore dialogherà con Maria Voltolina, presidente dell’Associazione di Volontariato “Il granello di senape”, e con Michalis Traitsis, regista e pedagogo teatrale di Balamòs Teatro.
“La Tempesta di Sasà” racconta una storia di rinascita dell’autore, dall’inferno del carcere spagnolo di Valdemoro (Madrid), passando per Rebibbia, fino a diventare oggi uno dei più sorprendenti e stimati attori italiani.
Una storia che parla di noi, della paura di cadere e, se cadiamo, di non farcela a rialzarci, di tradimento, perdono, vendetta, dell’irresistibile desiderio di libertà, dei sentimenti lieti e tristi che ci accompagnano quando viviamo davvero e del deserto che invece ci governa quando ci lasciamo vivere pensando che sia già tutto deciso, chissà da chi e chissà dove.
Salvatore Striano a quattordici anni aveva la guerra in testa, la cocaina nel sangue e due pistole infilate nei calzoni. Era uno dei leader delle “Teste matte”, una banda di ragazzini terribili che si sono fatti camorristi per difendersi dalla camorra. Vita di strada, anni di sangue. Poi il carcere, non ancora trentenne. Un destino segnato, il suo. Invece è proprio dal punto più basso e disperato che la vita stravolge. Grazie a un amore che resiste nonostante tutto. Grazie alla scoperta magica dei libri e della letteratura, di Shakespeare che inizia a scorrergli nelle vene come una droga che non uccide ma salva. Proprio lui che a scuola non ci è mai andato.
“La Tempesta di Sasà” è un libro sul potere delle parole e della letteratura, sull’amore per i libri che può cambiare la vita: Sasà ne è la prova vivente.
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Salvatore Striano è stato tante cose. Nato e cresciuto nel cuore di Napoli, in una delle zone più controllate dalla criminalità, a sette anni vendeva sigarette nei vicoli dei Quartieri Spagnoli. A nove anni rubava rossetti e mascara nei centri commerciali per rivenderli alle prostitute, dalle quali conduceva anche clienti.
Da adolescente spacciava cocaina e diventava una delle figure più carismatiche delle “Teste matte” (una storia che ha raccontato nell’omonimo romanzo scritto con Guido Lombardi e pubblicato da Chiarelettere nel 2014). Poi la fuga e la latitanza in Spagna, l’arresto, il carcere, prima a Madrid poi a Rebibbia, dove ha incontrato un maestro, Fabio Cavalli, che gli ha fatto scoprire la letteratura, Shakespeare, il teatro.
Da allora, riconquistata finalmente la libertà, ha partecipato a numerosi film (“Gomorra” di Matteo Garrone, “Take five” di Guido Lombardi, “Viva la sposa” di Ascanio Celestini, ecc). Nel 2012 arriva la consacrazione, con il film dei fratelli Taviani “Cesare deve morire”, tratto da “Giulio Cesare” di Shakespeare (Orso d’Oro al Festival di cinema di Berlino). Come nel teatro del carcere di Rebibbia, ancora una volta Shakespeare ha dato una nuova direzione alla sua vita.