Un rituale contro la paura: pratiche per incontrare se stessi ed elaborare la perdita

ultima modifica 13/11/2017 11:11
Venerdì 17 novembre ore 16: seminario di Giovanna Costanzino, educatrice e animatrice teatrale, nell'ambito del progetto LST-La Società a Teatro 2017, con proiezione di materiale audiovisivo. Ingresso libero.

 

Come e perché ogni scienza e discorso che si occupa dell’uomo può essere affrontata attraverso la lente del teatro?

La natura dell'uomo fa di esso un animale non solo sociale e culturale ma precisamente teatrale, che si nutre di rappresentazioni e le genera costantemente a sua volta nell'Altro significativo, come restituzioni e negoziazioni del sé. In questo scambio relazionale prendono vita le pulsioni della paura e del desiderio, all'interno delle quali oscillano le carenze dell'essere uomo. Ai fondamenti antropologici della paura e del desiderio il teatro rituale si pone come possibile “cura” se si offre ai suoi fruitori come dimensione catartica e non come puro intrattenimento.

L’uomo a differenza degli altri animali non si accontenta della soddisfazione dei suoi bisogni vitali, si sente sempre insoddisfatto in qualsiasi circostanza e momento della vita, perché teme, si preoccupa, va in ansia per il proprio domani. E qual è per il genere umano la più grande paura se non quella della morte? L'individuo può riuscire a concepirsi in un viaggio come essere che viene dalla morte, per ritornare alla morte, lottando? E quanto tempo siamo in grado di concederci per l'elaborazione della perdita all'interno della società moderna?

Il sentimento di migrazione può essere considerato simile a quello del lutto? Nell'affrontare questi viaggi terreni e non, quanto conta riconoscere la nostra identità culturale? Uno spazio, un incontro per condividere le riflessioni e la storia intorno a un viaggio, un luogo in cui una persona al minuto muore per malattie facilmente prevenibili, un luogo in cui il tempo sembra essersi fermato e in quella stasi sembrano palesarsi anche alcune delle risposte a degli antichi quesiti.

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Giovanna Enrica Costanzino nasce ad Agrigento, si laurea in Beni archivistici e librari presso l'Università di Palermo e si appassiona particolarmente alla drammaturgia classica e all'antropologia culturale.

Inizia a esplorare i linguaggi del corpo a 16 anni con il progetto “Non solo teatro” della compagnia Tessere di Coccio di Palma di Montechiaro, piccolo paese di cui è originaria. In seguito si dedica a  discipline come lo yoga, la meditazione dinamica e la danza Butoh.

La scoperta del teatro antropologico la porta a interrogarsi sul valore dell'identità nelle piccole comunità e sull'importanza di fissarne i tratti distintivi che a lungo termine possano restituire una traccia  della società globale in costante trasformazione, senza eludere le specificità delle piccole realtà locali. Si iscrive ai circoli Arci e tramite questi inizia ad adoperare gli strumenti del teatro dell'oppresso, partecipando ad azioni teatrali anche a supporto dei comitati No Muos.

Con  l'Ong Arcs-culture solidali, parte come volontaria per l'Africa, luogo in cui aveva già vissuto come animatrice, apprendendone in particolare le danze e la ritualità. Entra in forte relazione con gli abitanti autoctoni e ciò le permette di prendere parte a particolari riti tribali, osservando soprattutto il rito funerario e indagandolo. Tornata in Italia, consegue il master in Tutela diritti e protezione dei minori all’Università di Ferrara che le fornisce gli strumenti per applicare le tecniche del teatro sociale alle comunità d'accoglienza per msna e nei quartieri periferici di Catania con progetti educativi all'interno del quadro della lotta al disagio e dell'educazione alla perdita.