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Flessibilità del lavoro, occupazione e disoccupazione, produttività, innovazione

A Meta-analysis on Labour Market Deregulations and Employment Performance: No Consensus Around the IMF-OECD Consensus, di Emiliano Brancaccio, Fabiana De Cristofaro & Raffaele Giammetti, 2020
IL TEST OCSE SU FLESSIBILITA' DEL LAVORO E DISOCCUPAZIONE: ESERCITAZIONE, di Raffaele Giammetti
Maggio 2020 - Una esercitazione sul test dell'OCSE dedicato alla relazione tra flessibilità dei contratti di lavoro e disoccupazione. Tutorial del dott. Raffaele Giammetti nell'ambito delle lezioni di Politica economica del prof. Emiliano Brancaccio presso il dipartimento DEMM dell'Università degli studi del Sannio. Per approfondimenti si rinvia a: - Domenico Suppa, Appendice I. In Emiliano Brancaccio (2020), Anti-Blanchard. Quarta Edizione, Franco Angeli, Milano. - Brancaccio, E., De Cristofaro, F., Giammetti, R. (2020). A Meta-Analysis on Labour Market Deregulation and Employment Performance: No Consensus around the IMF-OECD Consensus. Review of Political Economy. - Brancaccio, E., Garbellini, N., Giammetti, R. (2018). Structural Labour Market Reforms, GDP growth and the Functional Distribution of Income, Structural Change and Economic Dynamics, Volume 44, March, pp. 34-45. - Brancaccio, E., Giammetti, R. (2019). Le “riforme strutturali” del mercato del lavoro: promesse politiche ed evidenze empiriche. Rivista Giuridica del Lavoro e della previdenza sociale, n. 2, aprile-giugno.
La precarietà del lavoro non crea occupazione. Una ricerca sfata il mito della flessibilità, di Pietro Raitano — 8 Giugno 2020
Un recente studio ha esaminato la letteratura accademica che ha indagato sugli effetti occupazionali delle politiche di deregolamentazione del lavoro tra il 1990 e il 2019. Risultato: lo slogan liberista non ha solide basi scientifiche. Anzi, la “flessibilità” invocata ancora oggi da Confindustria e da alcuni esponenti di governo comporta depressione dei salari e deflazione da debiti. Intervista a uno degli autori, l’economista Emiliano Brancaccio
Emiliano Brancaccio, Raffaele Giammetti, LE «RIFORME STRUTTURALI» DEL MERCATO DEL LAVORO: PROMESSE POLITICHE ED EVIDENZE EMPIRICHE
Brancaccio, E., Giammetti, R. (2019). Le “riforme strutturali” del mercato del lavoro: promesse politiche ed evidenze empiriche. Rivista Giuridica del Lavoro e della previdenza sociale, n. 2, aprile-giugno.
Structural labour market reforms, GDP growth and the functional distribution of income, Emiliano Brancaccio, Nadia Garbellini, Raffaele Giammetti
Brancaccio, E., Garbellini, N., Giammetti, R. (2018). Structural Labour Market Reforms, GDP growth and the Functional Distribution of Income, Structural Change and Economic Dynamics, Volume 44, March, pp. 34-45.
Lezione Flessibilità del lavoro e disoccupazione con i dati Ocse
Di Raffaele Giammetti
LA PRECARIETA' AIUTA L'OCCUPAZIONE? BOERI SMENTISCE BOERI, di Emiliano Brancaccio
RAI radio Uno - ERESIE - 19 giugno 2020 - Dopo vent'anni di "riforme" del lavoro, il ministro Gualtieri e altri ritengono che in Italia sarebbe utile qualche altra dose di precarietà per contrastare la disoccupazione. A sostegno di questa ricetta si è levata anche la voce autorevole di Tito Boeri, professore di economia del lavoro in Bocconi ed ex presidente INPS. Tuttavia, una tabella pubblicata in un libro dello stesso Boeri mostra che questa soluzione non trova sostegno nell'evidenza empirica. Un risultato confermato dalla letteratura scientifica più recente. Il commento dell'economista Emiliano Brancaccio dell'Università del Sannio
Contro la crisi servono più contratti a termine? L’economista Brancaccio: «L’88% delle ricerche scientifiche dice il contrario»
Il cambio di passo è una retromarcia
Piddini e Dignità sempre più lontani
Il Covid-19 usato per attaccare il lavoro. In difesa del Decreto dignità, di Alessandro Somma
I falsi miti su produttività e flessibilità, di Paolo Pini, Rassegna.it (2013)
È vero che maggiori rigidità nel mercato del lavoro si accompagnano a minore produttività? I dati non lo confermano. Anzi, i paesi che hanno ridotto di più le protezioni all’impiego (tra cui l'Italia) sono quelli che vanno peggio DI PAOLO PINI
Lavoro, un cambio di rotta verso l’innovazione, di Paolo Pini, Sbilanciamoci.info (2013)
Il governo vuole aumentare la flessibilità in entrata per accrescere l'occupazione. Ma seguendo questa rotta si rischia di contribuire al declino della produttività del lavoro
La flessibilità non fa crescere la produttività, Keynes Blog (2013)
Produttività e regimi di protezione all’impiego, di Paolo Pini | 23 Marzo 2013, Inchiesta.it
È vero che maggiori rigidità nel mercato del lavoro si accompagnano a minore produttività ? I dati non lo confermano, semmai sembra essere una falsa credenza. I due fenomeni “più flessibilità” e “minor crescita della produttività” sono tra loro statisticamente associati.
Produttività e regimi di protezione all’impiego, di Paolo Pini | 23 Marzo 2013, Inchiesta.it (note metodologiche, bibliografia e grafici-tabelle)
Produttività e regimi di protezione del lavoro, di Paolo Pini, Keynes Blog (2013)
Qualche tempo fa abbiamo parlato del rapporto tra produttività e flessibilità [link]. In quell’occasione abbiamo mostrato che, almeno per l’Italia, non è possibile stabilire un effetto positivo della liberalizzazione del mercato del lavoro sulla produttività. Il prof. Paolo Pini dell’Università di Ferrara ha elaborato gli stessi dati anche per altri paesi dell’OCSE. Il risultato è il medesimo: la riduzione delle protezioni legali contro i licenziamenti non ha contribuito a migliorare la produttività.
Flessibilità del lavoro, “riforma delle riforme” o cambio di rotta verso l’innovazione? Paolo Pini | 17 Maggio 2013, Inchiesta.it
Il Governo Letta-Alfano intende riformare la riforma Fornero, per accrescere le flessibilità in entrata e favorire l’occupazione. Questi interventi non solo favoriscono la sostituzione di lavoro permanente con lavoro temporaneo, in presenza di crisi di domanda, ma rischiano anche di contribuire ulteriormente al declino della produttività del lavoro. Piuttosto che flessibilizzare il mercato del lavoro sarebbe opportuno accrescere il tasso di innovazione nei luoghi di lavoro, e ripristinare le condizioni di domanda aggregata, condizione sine qua non per una ripresa della domanda di lavoro e della produttività.
Togliere tutele al lavoro non aiuta la produttività, di Paolo Pini, Sbilanciamoci.info (2013)
È vero che maggiore protezione all’impiego si accompagna a minore produttività? È una tesi che ritorna nelle politiche dei paesi europei e nei discorsi di Mario Draghi. I dati dimostrano che non è così
Quell’organizzazione del lavoro che non cambia 15.02.13 Paolo Pini, Lavoce.info
La bassa crescita dell’Italia dipende da molteplici fattori. Tuttavia spesso si trascura il peso del deficit di innovazioni nell’organizzazione del lavoro e dello scarso coinvolgimento di dipendenti e rappresentanze sindacali. Il nostro paese è in questo campo uno dei fanalini di coda in Europa.
HRM practices and establishment performance: an analysis using the European Company Survey 2009, Eurofound 2011
Introduction. The way an enterprise is managed has been proven to impact on the performance of companies. It is generally assumed that less rigid forms of work organisation are required to cope with more dynamic market conditions and product developments. To a greater extent than before they are intended to accommodate the requirements of a more knowledgeintensive and learning workforce. These practices have been introduced primarily to improve performance and thus mirror the move from personnel to human resource management. More recently, they have been closely related to the concept of high performance workplaces and the use of innovative workplace practices, often abbreviated as HRM (human resource management) policies, have been researched since the beginning of the 1990s. These multidimensional policies are introduced in order to make companies more efficient, by introducing new recruitment procedures, training opportunities for the workers, giving them more responsibility over the production process and also the possibility to participate in the success of operations via financial incentives. If companies are successfully managed, they can lower turnover rates, boost satisfaction of their staff which motivates them to work better and harder and align their pay with the company’s success. It also increases the quality of products in line with customer’s expectations using new modes of product development, design and innovations. This is a winwin situation for workers as well as for companies. HRM practices certainly improve the competitiveness of companies on their product markets and, by analogy, labour productivity for whole national economies. However, many countries in Europe still do not make enough use of HRM policies. A more comprehensive introduction of such innovations would render Europe more competitive and strengthen the position of the EU in the world economy.
Labour shares and employment protection in European economies, di Mirella Damiani , Fabrizio Pompei and Andrea Ricci (SIE 2013)
Liberalisation of temporary contracts has become an important component of recent labour reforms but up to now available research has not paid attention to the impacts of these institutional changes on functional income distribution. The present paper intends to fill this gap by focussing on the effects of the reduction in strictness of employment protection of temporary jobs on factor shares. By considering country-sector evidence for 14 EU economies and the period 1995-2007, we obtain that these legislative changes caused a decrease in income share accruing to workers.
LABOUR SHARE AND EMPLOYMENT PROTECTION IN THE EUROPEAN ECONOMIES (slides SIE 2013)
Società Italiana Economisti, 54th ANNUAL CONFERENCE Alma Mater Studiorum - University of Bologna. Department of Economics, 24-26 October 2013, di Mirella Damiani – Fabrizio Pompei – Andrea Ricci
Job protection legislation and productivity growth in OECD countries, by Andrea Bassanini, Luca Nunziata and Danielle Venn (OECD and ERMES-TEPP, Universite´ Paris 2; Universita` di Padova and IZA; OECD)
Economic Policy April 2009
Danielle Venn (2009), “Legislation, collective bargaining and enforcement: Updating the OECD employment protection indicators”, www.oecd.org/els/workingpapers
This paper presents an official update of the OECD indicators of employment protection supervised by the Working Party on Employment of the Employment, Labour and Social Affairs Committee of the OECD. The author gratefully acknowledges the contributions of officials and researchers from OECD member and accession countries in providing updated information and commenting on an earlier draft of this paper presented to the Working Party on Employment. Estimates for non-OECD member countries and Luxembourg build upon earlier work by the OECD Economics Department. Angelika Muller and Sandrine Cazes from the ILO provided valuable legal advice and comments. Contributions from Stefano Scarpetta, John Martin, Martine Durand, Paul Swaim, Peter Tergeist, Glenda Quintini, Anne Saint-Martin and Andrea Bassanini and excellent statistical assistance from Agnès Puymoyen are also gratefully acknowledged.
Employment Protection Regulation and Labour Market Performance, Chapter 2, OECD Employment Outlook, 2004
There has been heated policy debate on the costs and benefits of regulations governing dismissals and other features of employment protection. The key issue is how to keep a balance between the need for firms to adapt to ever-changing market conditions on the one hand, and workers’ employment security on the other. Do employment protection regulations have an impact on firms’ hiring and firing decisions and is this impact different across demographic groups? Do such regulations explain the high incidence of temporary work recorded in certain countries? How to instil labour market dynamism while also protecting workers against job and income loss?
EMPLOYMENT PROTECTION AND LABOUR MARKET PERFORMANCE, Chapter 2, OECD (1999)
The potential incompatibility of employment protection legislation (EPL) with labour market flexibility has occasioned much debate and a growing body of research. The central question has been whether excessively strict EPL has been an important contributor to the persistently high unemployment experienced in many OECD countries since the early 1980s. But empirical research to date has not provided a clear-cut answer to this question. Part of the reason for this is that most of the cross-country research has used data on EPL at one point in time and this data base is now increasingly outdated. New data are presented here that describe the EPL legislation and practices currently prevailing in 27 OECD countries. The resulting portrait shows that such legislation and practices differ substantially across countries, with EPL being most strict in southern Europe, France, and Germany, and least restrictive in English-speaking countries. When these data for the late 1990s are compared with analogous data for the late 1980s, it is shown that there generally have not been large shifts in overall EPL strictness. However, a number of countries have liberalised significantly the regulation of temporary employment in the past ten years, while a smaller number have liberalised EPL for regular employment or tightened specific components of EPL. These new data provide the basis for a reassessment of the links between EPL and labour market performance. Consistent with prior studies, there appears to be little or no association between EPL strictness and overall unemployment. However, EPL may be more strongly associated with the level of employment and the demographic composition of employment and unemployment. Simple bivariate associations suggest that stricter EPL raises employment for prime-age men but lowers employment for youths and women, with the overall effect being a net reduction. Similarly, youths and perhaps women appear to bear a larger share of the burden of unemployment. However, these associations tend to be weaker or entirely absent when multivariate techniques are used to control for other factors that influence employment and unemployment levels. The evidence is more robust for EPL tending to increase self-employment and lower turnover rates in the labour market. The latter result implies that fewer individuals become unemployed in those countries where employment protection is stricter but once unemployed, they have a higher risk of remaining unemployed for a long period of time.
Venn, D. (2009), “Legislation, Collective Bargaining and Enforcement: Updating the OECD Employment Protection Indicators”, OECD Social, Employment and Migration Working Papers, No. 89, OECD Publishing
http://dx.doi.org/10.1787/223334316804
Ocse e Bce insistono con la flessibilità miope e perniciosa Paolo Pini | 28 Settembre 2014, Inchiesta.it
Il mercato del lavoro italiano non va male, va malissimo. Lo dice l’Ocse nel suo ultimo rapporto annuale 2014, Employment Outlook sullo stato del lavoro nei paesi industriali. Ma le ricette non cambiano, introduciamo più flessibilità per curare il male, come dare una ulteriore dose mortifera ad un malato in fase terminale. Lo dice l’Ocse, ma la Bce non è da meno.
La flessibilizzazione del lavoro targata Renzi-Poletti ci sprofonderà nel baratro! Paolo Pini | 30 Marzo 2014 |, Inchiesta.it
MINORI TUTELE DEL LAVORO E CONTENIMENTO SALARIALE FAVORISCONO LA CRESCITA DELLA PRODUTTIVITÀ? UNA CRITICA ALLE RICETTE DELLA BCE, di Paolo Pini, ESR (2013)
ECONOMIA E SOCIETÀ REGIONALE – XXXI-1-2013 – SAGGI E RICERCHE La Banca Centrale Europea suggerisce che le retribuzioni nominali del lavoro debbano crescere in linea con la produttività dei lavoratori, e non oltre questa. Questa è la “regola di piombo” per la distribuzione del reddito, contrapposta alla “regola d’oro” che lascia invariate le quote distributive tra lavoro e capitale. La “regola di piombo” significa svalutazioni competitive interne, a carico del lavoro e del reddito dei lavoratori, ed una distribuzione del reddito sempre più diseguale. La Bce inoltre suggerisce che occorra proseguire lungo la strada delle riforme strutturali, ad iniziare da quelle che devono deregolamentare il mercato del lavoro: più flessibilità in entrata ed in uscita e riduzione delle tutele sul posto di lavoro per aumentare quelle sul mercato. Ma la Bce sembra afflitta da miopia: vede sfocati i fattori di medio-lungo periodo (l’innovazione) che davvero contano, e si concentra sui fattori di breve (la flessibilità di mercato) che però non sembrano favorire la competitività e la ripresa della produttività.
Regole europee, cuneo fiscale e trappola della produttività, di Paolo Pini, QRS (2014)
“Regole europee, cuneo fiscale e trappola della produttività“, Quaderni di Rassegna Sindacale. Lavori, vol.15, n.2, pp.45-70, 2014.
Regole europee, cuneo fiscale e trappola della produttività. La Legge di Stabilità 2014-2016 programma la depressione (versione completa) Quaderni DEM, volume 3 ISSN 2281-9673 2014
La Legge di Stabilità 2014-2016 elaborata dal Governo italiano ed approvata dal Parlamento è volta al rispetto dei vincoli previsti dai Trattati europei, e non alla crescita del reddito e dell’occupazione. Ciò nonostante, la Commissione Europea non ha ritenuto di dare “semaforo verde”, in quanto il rientro dal debito non è garantito nel breve e medio periodo. La proposta governativa non viene giudicata soddisfacente dai tecnocrati europei perché non coerente con le politiche di rigore e di austerità espansiva, ma neppure soddisfa le parti sociali che chiedono interventi non simbolici per la riduzione del cuneo fiscale, e quindi per la crescita e l’occupazione. Ma siamo certi che impegnare tutte le risorse disponibili per la riduzione del cuneo sia la politica più adatta per far uscire il paese dalla crisi in presenza di una trappola della produttività che caratterizza il nostro paese da venti anni?
Lavoro, contrattazione, Europa, di Paolo Pini, EDIESSE, 2013
Un Patto sociale tra produttori appare una chimera. Invocato da molti, per frenare il declino ventennale dell’economia italiana, trova nella politica nazionale e nei fautori dell’«austerità espansiva» in Europa i principali «sabotatori». Gli economisti avanzano varie proposte, le parti sociali sembrano almeno in parte disponibili al confronto, ma gli scenari possibili non sembrano prospettare soluzioni praticabili. Nel frattempo la quota del reddito da lavoro continua a diminuire: dal 1990 il lavoro ha perso circa 10 punti percentuali, la crescita della produttività è rallentata da metà anni ’90 e si è arrestata dal 2000, il gap tra produttività e salario reale è cresciuto; negli anni dell’euro ha prevalso la stazionarietà per salari e produttività, mentre è cresciuta l’occupazione precaria e mal retribuita. Ancora purtroppo si intende proseguire lungo una politica di flessibilità del mercato del lavoro. Occorre invece un cambiamento, in Italia e in Europa, ed investire su lavoro stabile, retribuzioni e innovazione,ntecnologica ed organizzativa, i principali fattori che possono far ripartire la crescita.
Contrattazione, dinamica salariale e produttività: ripensare obiettivi e metodi, di Davide Antonioli, Paolo Pini, QRS (2013)
“Contrattazione, dinamica salariale e produttività: ripensare gli obiettivi ed i metodi“ (in collaborazione con Davide Antonioli), Quaderni di Rassegna Sindacale. Lavori, vol.14, n.2, pp.39-93, 2013.
Ma quale cuneo, il problema sono i salari troppo bassi, di Roberto Artoni
Una recente analisi dell’Ocse permette un confronto puntuale del costo del lavoro, del cuneo fiscale e delle sue componenti tra l’Italia e i paesi europei comparabili. Il risultato è chiaro: il nostro costo del lavoro è tra i più bassi, sul cuneo le differenze sono limitate. Ad essere fuori linea sono le retribuzioni medie, che dal 1992 sono aumentate pochissimo (meno che negli altri paesi), con effetti deleteri sulla domanda interna e il mantenimento in vita di strutture produttive non dinamiche