Biotecnologie | Lo studio Unife premiato dall’Associazione Italiana Centri Emofilia
Scienza, cultura e ricerca
L’emofilia A è una malattia emorragica a base genetica che nelle forme più gravi può portare a condizioni molto invalidanti per chi ne soffre.
Ad oggi non esiste una cura efficace al 100%, per questo le ricercatrici e i ricercatori dell’ambito biomedico sono al lavoro per migliorare le strategie terapeutiche.
A Unife si occupa di emofilia A il dottor Alessio Branchini all’interno del laboratorio diretto dal professor Mirko Pinotti, direttore del Dipartimento di Scienze della vita e biotecnologie.
Recentemente, il dottor Branchini è stato premiato dall’Associazione Italiana Centri Emofilia (AICE) per il progetto di ricerca dal titolo “A next-generation rFVIIa fusion protein with enhanced half-life as a novel by-passing tool in hemophilia”, condotto con la collaborazione del dottor Mattia Ferrarese, della dottoressa Silvia Lombardi e del gruppo di ricerca del professor Jan Terje Andersen dell’Università di Oslo.
“Oggi la terapia di riferimento delle malattie emorragiche è definita terapia sostitutiva: consiste nell’iniettare nel paziente il fattore mancante che è alla base dei problemi di coagulazione. Questo approccio però ha un limite legato alla durata nel sangue (“emivita”), per cui comporta la necessità di ripetere spesso le iniezioni. Ecco perché la ricerca di fattori con emivita allungata è di grande interesse e rilevanza per i pazienti” spiega il dottor Alessio Branchini.
Il progetto premiato dall’Associazione Italiana Centri Emofilia (AICE) propone una variante del fattore che innesca la coagulazione del sangue, il cosiddetto fattore VII.
Si tratta di una variante con emivita aumentata, ottenuta in laboratorio fondendo tale molecola a una versione migliorata dell’albumina, una proteina umana con una emivita intrinsecamente molto lunga.
“I nostri studi hanno dimostrato che la nuova molecola di fusione possiede un’emivita significativamente prolungata, e mantiene al contempo l’efficacia coagulante. Ciò potrebbe tradursi in una maggiore finestra terapeutica e quindi un numero minore di infusioni per il paziente, con conseguente miglioramento della qualità della vita” aggiunge Branchini.
Lo studio sarà presentato il prossimo ottobre a Milano al XVII Convegno Triennale dell’Associazione Italiana Centri Emofilia (AICE).
Per approfondire
- Al dr. Branchini il premio aice per il miglior abstract “innovazioni terapeutiche”