Biotecnologie | Dall’ingegneria proteica i super-farmaci ad alta stabilità contro l’emofilia
Scienza, cultura e ricerca
Provate a immaginare se un farmaco salvavita, da prendere attraverso ripetute iniezioni settimanali per tutto il corso della vita, potesse invece essere somministrato ogni tre/quattro settimane. E ancora meglio, se al posto delle iniezioni fossero disponibili delle ben più agevoli gocce nasali.
A porre le basi per questo tipo di “super-farmaci” contro le più rilevanti malattie della coagulazione del sangue, tra cui l’emofilia, è stato un team di ricerca internazionale con competenze in immunologia, biochimica e malattie della coagulazione.
Di spicco il ruolo del laboratorio Unife in cui lavorano il Dott. Alessio Branchini e il Prof. Mirko Pinotti, del Dipartimento di Scienze della Vita e Biotecnologie. Insieme a loro, i team dei professori Jan Terje Andersen della University of Oslo e Rodney Camire della University of Pennsylvania, Philadelphia (USA).
“Il super-farmaco sviluppato potrebbe rappresentare una nuova soluzione terapeutica per i pazienti, il cui trattamento standard è caratterizzato da una breve efficacia, che impone somministrazioni frequenti. Le grandi novità derivanti dal nostro studio riguardano una molecola, frutto delle biotecnologie, che ha mostrato un’efficacia nel tempo mai riportata in precedenza e che potrebbe essere somministrata non solo come iniezione ma anche in forma di spray» commenta Alessio Branchini.
ll nuovo farmaco creato mediante ingegneria proteica deriva dalla “fusione” tra due molecole con proprietà diverse:
“In particolare, il farmaco combina un fattore della coagulazione (il fattore VII), utile ad evitare/fermare emorragie, e l’albumina, una proteina che circola naturalmente nel nostro sangue e che presenta una alta stabilità. Queste caratteristiche miste conferiscono al fattore ingegnerizzato, cioè il farmaco, la capacità di essere efficace più a lungo all’interno del sangue” specifica Branchini.
«I nostri studi hanno dimostrato che il nuovo farmaco biotecnologico possiede un’efficacia prolungata nel tempo rispetto a trattamenti simili. Questo è di grande rilevanza nel campo della coagulazione, in quanto potrebbe tradursi in una maggiore finestra terapeutica e quindi un numero minore di infusioni per il paziente, o magari l’abbandono di questo modo di somministrazione, con conseguente miglioramento significativo della qualità della vita dei pazienti trattati. Inoltre questa strategia di fusione potrebbe essere applicata anche ad altre molecole terapeutiche, con enormi vantaggi anche per diverse malattie» aggiunge il Prof. Mirko Pinotti.
Alessio Branchini e Mirko Pinotti sottolineano infine il contributo importante di due giovani ricercatori cresciuti all’Università di Ferrara, il Dott. Mattia Ferrarese e la Dott.ssa Silvia Lombardi.
Da sinistra, Mirko Pinotti e Alessio Branchini
I risultati di questo studio sono stati pubblicati ieri (14 ottobre 2020, ndr) sulla rivista Science Translational Medicine.
L’articolo originale è: An engineered human albumin enhances half-life and transmucosal delivery when fused to protein-based biologics
La lista completa degli autori:
Malin Bern, Jeannette Nilsen, Mattia Ferrarese, Kine M. K. Sand, Torleif T. Gjølberg, Heidrun E. Lode, Robert J. Davidson, Rodney M. Camire, Espen S. Bækkevold, Stian Foss, Algirdas Grevys, Bjørn Dalhus, John Wilson, Lene S. Høydahl, Gregory J. Christianson, Derry C. Roopenian, Tilman Schlothauer, Terje E. Michaelsen, Morten C. Moe, Silvia Lombardi, Mirko Pinotti, Inger Sandlie, Alessio Branchini, Jan Terje Andersen