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Letteratura occitanica | Alla tesi Unife di Costanza Amato il premio internazionale Pèire Bec 2021

13/05/2021

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Letteratura occitanica | Alla tesi Unife di Costanza Amato il premio internazionale Pèire Bec 2021
La Professoressa Monica Longobardi e la Dottoressa Costanza Amato

Esiste una patria ‘letteraria’ divisa su tre stati sovrani, in cui si parla tutt’oggi una lingua romanza nobile e suggestiva. Dopo il medioevo, ha continuato a dare voce a una letteratura per tanti sconosciuta, che ha affiancato la produzione di molti romanzieri di lingua francese sino a oggi.

Stiamo parlando dell’Occitania e della sua lingua e letteratura “senza patria”, vasta regione storica, che si estende dalle vallate alpine del Piemonte, attraverso le regioni centro-meridionali della Francia, fino alla val d’Aran in Spagna.

A contribuire a dare voce alla storia della lingua e della letteratura occitanica post-medievale, la Professoressa Monica Longobardi, docente di Filologia Romanza del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Ferrara, che in seno alla sua cattedra ha avviato il primo insegnamento di Letteratura occitanica moderna e contemporanea in Italia.

Professoressa Longobardi ci racconta un po’ la storia di questa lingua “senza patria” che però si parla ancora oggi?

L’Occitania è una sorta di continente sommerso che comprende quanto oggi corrisponde a gran parte della Francia Centro-Meridionale, includendo alcune zone limitrofe dell’Italia (basti pensare alle Valli Occitane della zona sud-occidentale del Piemonte) e della Spagna, a ridosso dei Pirenei, nella Val d’Aran, in Catalogna. Nel Medioevo lingua d’elezione della lirica europea ma, dalla crociata contro gli Albigesi, nel primo quarto del XIII secolo, terra assoggettata progressivamente alla corona di Francia, finché la sua lingua, nel XVI secolo, fu con un’ordinanza declassata a patois, un idioma locale minoritario. Ma la voce della letteratura dei vinti non si è mai spenta e, ancora oggi, in occitano si scrive poesia, teatro, racconti, romanzi di grande bellezza, un tesoro ignoto ai più, una terra incognita a due passi dall’Italia. Il fenomeno si spiega con l’egemonia della lingua e della cultura francese, che ha perseguito nei secoli una politica feroce di soppressione delle diversità regionali. La grande battaglia dell’insegnamento scolastico dell’occitano ha visto una legge molto timida solo a metà Novecento, ma ancora oggi le lingue regionali in terra di Francia lottano per non sparire. Da alcuni anni ho istituito a Unife un insegnamento che ponesse le minoranze romanze e l’occitano in specie al centro dell’interesse della comunità scientifica. E allo studio e alla tutela di questa lingua e letteratura ho dedicato anche diversi libri e studi. Dopo il mio Viaggio in Occitania (Virtuosa-Mente, 2019), dove ho presentato tre grandi autori del XX secolo la cui opera si ispira alla Natura (la Camargue, il Rodano, una foresta della Dordogna), a breve uscirà la mia traduzione commentata di un poliziesco limosino ("Joan Ganhaire, Voi che mi avete uccisa, Virtuosa-Mente), la prima in assoluto, con un’introduzione sul fenomeno del polar occitano, vivo da un cinquantennio, ma anch’esso completamente invisibile.

Una lingua minoritaria nobile e ricca di tradizioni che merita di essere protetta. E’ nato con questo obiettivo all’Università di Ferrara il primo insegnamento di letteratura occitanica moderna e contemporanea in Italia?

Ho voluto fermamente aprire a Ferrara questo insegnamento pionieristico, che oggi si chiama “Il medioevo romanzo nella letteratura contemporanea”, in seno ad una Filologia Romanza che in Italia si ostina a limitarsi al medioevo. E vi ho incluso le letterature di altre minoranze romanze: la friulana (si pensi a Pasolini, con le sue Poesie a Casarsa, ma anche oggi a Ida Vallerugo, a Pierluigi Cappello) e la produzione dei poeti delle nostre Vallate occitane, Antonio Bodrero e Claudio Salvagno. Studentesse e studenti sono stati affascinati da questa letteratura, in gran parte sconosciuta, almeno l’occitana, che mette al centro la Natura, e in pochi anni si sono moltiplicate le tesi, molte di esse già pubblicate su siti prestigiosi (occitanica.eu) e Associazioni culturali tra le prime in Italia (Chambradoc), sino a questo riconoscimento internazionale assegnato a Costanza Amato.

Nasce proprio da questo insegnamento la tesi magistrale vincitrice del Prix Pèire Bec 2021, assegnato dalla Association Internationale d’Études Occitanes.

Ad aggiudicarsi il riconoscimento è stata la Dottoressa Costanza Amato, con la tesi di ricerca Marcelle Delpastre, Bestiari Lemosin. Nature et vie paysanne par la voix des animaux, co-diretta dalle Professoresse Monica Longobardi e Joëlle Ginestet, della Université Toulouse II Jean Jaurès.

 

Congratulazioni Dott.ssa Amato, come è iniziato il percorso che l’ha portata a intraprendere questi studi?

Grazie mille. Tutto ha avuto inizio nell’autunno 2018, durante il mio secondo anno di Magistrale in Lingue e Letterature Straniere, periodo in cui la Professoressa Longobardi aveva organizzato presso la nostra Università un convegno internazionale dedicato alla produzione letteraria e musicale in occitano contemporaneo. Vi parteciparono scrittori, poeti, musicisti e studiosi illustri di letteratura occitanica tra cui anche la Professoressa Ginestet (successivamente mia correlatrice di tesi magistrale) a cui devo, proprio in occasione di quel convegno, il mio primo incontro con Marcelle Delpastre e la sua poesia. Ne rimasi talmente folgorata che pochi giorni dopo insieme alla Professoressa Longobardi decidemmo di dedicare la mia tesi a un’opera poco studiata di questa autrice che sarebbe stato interessante approfondire: si trattava del suo "Bestiari Lemosin", un lungo bestiario scritto interamente in occitano limosino, una sorta di raccolta del sapere contadino relativo agli animali e alla natura della piccola comunità rurale di Marcelle Delpastre. Qualche mese dopo, ero in Francia a Tolosa per il mio secondo Erasmus, luogo che si è rivelato perfetto per iniziare il mio lavoro di ricerca bibliografica e per studiare l’occitano. Qui ho avuto l’occasione di appassionarmi ancora di più a questa lingua e alla sua letteratura, immergendomi completamente nella sua cultura che, a Tolosa, è ancora molto forte e viva.

Ci racconta qualcosa di Marcelle Delpastre e del perché abbia scelto questo argomento per la sua tesi?

Marcelle Delpastre non soltanto è stata una delle voci in lingua occitana più rappresentative del XX secolo, ma è stata anche una delle più originali. Poetessa, scrittrice, artista ed etnologa, nacque in un piccolo villaggio della campagna limosina, dove praticò l’agricoltura e l’allevamento e si occupò per tutta la vita della fattoria di famiglia. Fu proprio la vita dei campi ad essere la principale fonte di ispirazione per la sua poesia e per il suo amore verso l’occitano limosino, lingua regionale trasmessa di generazione in generazione alla sua famiglia e alla sua comunità rurale. A quest’ultima dedicò studi etnografici di raccolta delle usanze tradizionali, affinché i saperi e l’immaginario simbolico della sua cultura contadina fossero protetti contro la minaccia incombente dell’industrializzazione, degli allevamenti e dell’agricoltura intensivi che avrebbero dagli anni Sessanta snaturato quell’oasi pacifica di compresenza tra umano e naturale.

 Cosa rappresenta per lei questo premio?

Sono molto felice e grata all’AIEO per questo conferimento. Si tratta di un grande riconoscimento per il mio lavoro e rappresenta anche la speranza di aver reso omaggio all’opera di Marcelle Delpastre e di aver contribuito alla valorizzazione del patrimonio letterario occitanico. Inoltre questo mio risultato giunge a coronare i risultati di una cattedra innovativa come quella della Professoressa Longobardi, che è unico nel panorama italiano.

 Alcuni intercettano nell’ecocritica l’ottica migliore per indagare gran parte della letteratura occitanica. Ci può parlare di questo ambito letterario e del perché può essere considerato d'avanguardia?

Per ecocritica si intende lo studio dei testi letterari che trattano delle relazioni biologiche e dei temi ecologici in un ormai affermato genere letterario, definito letteratura ambientale. È un metodo di indagine nato negli Stati Uniti e particolarmente diffuso oggi negli ambiti di ricerca anglosassoni, si occupa di mostrare come la letteratura, al pari delle scienze, possa essere considerata per il suo valore etico e ambientale grazie alla sua capacità di influenzare positivamente la visione umana dell’ambiente. L’obiettivo è ricostruire l’immagine della natura e della relazione uomo-ambiente veicolata nelle opere letterarie per dimostrare come i temi ambientali siano sempre il risultato di fattori sociali, culturali, politici e linguistici tra loro interconnessi. Da qui l’importanza dell’abbandono di un punto di vista antropocentrico nella riflessione riguardante la relazione tra l’uomo e l’ambiente, in favore di un approccio che sia, piuttosto, ‘biocentrico’ e di reciprocità. La letteratura occitanica, che si contraddistingue per il suo rapporto viscerale con il territorio, può essere considerata letteratura d’avanguardia in questo senso, per la sensibilità che essa ha da sempre manifestato per i temi ambientali. Sono numerosissime, infatti, le opere letterarie in lingua d’oc che, come il bestiario di Marcelle Delpastre, sembrano condividere se non addirittura anticipare le tematiche messe in luce dall’ecocritca.

Quali sono i suoi progetti futuri?

Sicuramente continuare a studiare e a conoscere la letteratura occitanica di questo periodo. Poiché in Italia, purtroppo, questa cultura è per molti ancora ignota, sarebbe bello poter continuare a favorirne la diffusione in ambito accademico e soprattutto nelle scuole. Da quest’anno faccio parte di un progetto di tutoraggio didattico in un’International School della mia città di origine, Palermo. Chissà, magari questa scuola potrebbe già costituire un piccolo punto di partenza. 

Che ruolo ha l’Università di Ferrara nel suo percorso?

L’Università di Ferrara è stata molto importante per la mia formazione. In questi due anni di Magistrale ho potuto approfondire la conoscenza delle mie due lingue di specializzazione, il francese e l’inglese, esplorare nuovi orizzonti, scoprire gli ambiti di ricerca più attuali e diversificati, ho consolidato il mio spirito critico. Ho avuto anche l’opportunità di perfezionare i miei studi all’estero: alla fine del mio primo anno, ho partecipato a un progetto internazionale di ricerca di letteratura inglese; al secondo anno, ho frequentato l’Università di Tolosa grazie al progetto Erasmus. Esperienze fondamentali per uno studente universitario, soprattutto di Lingue Straniere.

Cosa vorrebbe dire ai/le giovani che vorrebbero intraprendere il suo stesso percorso di studi?

Vorrei dire loro di essere sempre curiosi di tutto ciò che li circonda, di essere mossi dal desiderio di migliorarsi e di esplorare il mondo da più prospettive. Questo percorso di studi insegna a conoscere culture diverse, a provare empatia verso universi apparentemente così lontani dai nostri. Ed è attraverso la comunicazione empatica che è possibile imparare ad apprezzarli davvero perché solamente entrando in comunicazione con l’Altro, amandolo per la sua preziosità e unicità, è possibile avere una maggiore consapevolezza di noi stessi e della nostra realtà.  

 

A cura di Carlotta Cocchi