Paleogenetica | Nuova luce sui misteri degli Etruschi, seguendo le tracce del DNA
Scienza, cultura e ricerca
La civiltà etrusca, fiorita durante l'età del ferro nell'Italia centrale, ha incuriosito gli studiosi per millenni: il popolo si distingueva dai vicini contemporanei per le notevoli abilità metallurgiche e per l’uso di una lingua non indoeuropea. Il dibattito sulle loro origini è stato intenso e ha coinvolto storici illustri già dai tempi del greco Erodoto.
Ora, un nuovo studio condotto da un gruppo internazionale di ricercatrici e ricercatori, tra cui l’Università di Firenze (coordinatrice) e l’Università di Ferrara, fa luce sull'origine e sull'eredità degli Etruschi, grazie all’analisi sul genoma di 82 individui dell'Italia centrale e meridionale, che coprono dall’800 a.C. al 1000 d.C.
“Lo studio rappresenta un passo avanti nelle nostre conoscenze genetiche sugli Etruschi, e su quanto resta di loro nei DNA moderni.” spiega Guido Barbujani, genetista e professore del Dipartimento di Scienze della vita e biotecnologie di Unife, tra gli autori dello studio. E continua:
“In un articolo pubblicato dal nostro gruppo di ricerca nel 2004, avevamo preso in esame solo un piccolo frammento del DNA, il DNA mitocondriale, perché quello era quanto si poteva fare all'epoca. Già allora, avevamo capito che gli Etruschi erano una popolazione nel senso biologico, e non, come si poteva sospettare, un'aggregazione di popolazioni di origini differenti, accomunate da una lingua e da una cultura materiale. Avevamo anche dimostrato che, con due eccezioni, il Casentino, Volterra, gli attuali toscani non sono discendenti diretti degli Etruschi”.
L'articolo di Posth e collaboratori considera sezioni molto più grandi del genoma (cioè del complesso del DNA delle nostre cellule), in 82 individui dell'Italia Centrale, vissuti fra l'800 a.C e il 1000 d.C. Nelle sepolture di 48 di loro stati trovati oggetti che ci permettono di associarli alla cultura etrusca.
"Lo studio conferma che la maggior parte degli Etruschi era omogeneo dal punto di vista genetico, ma ci racconta anche cos'è successo dopo che agli Etruschi è stata concessa la cittadinanza romana. Mentre la loro cultura scompare rapidamente, le loro caratteristiche biologiche si diluiscono un po' alla volta, per effetto di diversi processi migratori.
In un primo momento sono quelli che portano nell'Impero romano persone provenienti dalle coste est e sud del Mediterraneo. In seguito, con la caduta dell'Impero, quelli che provengono dal nord: in Italia le chiamiamo invasioni barbariche mentre in Germania, forse più correttamente, parlano dell'Età delle migrazioni. Tutto questo ha lasciato tracce nel nostro DNA, tracce che l'articolo di Posth e collaboratori contribuisce a interpretare” commenta il professore.
Guido Barbujani, genetista e professore del Dipartimento di Scienze della vita e biotecnologie di Unife, tra gli autori dello studio.
Un fenomeno intrigante
I risultati di questo nuovo lavoro mostrano che gli Etruschi, nonostante le loro espressioni culturali uniche, erano strettamente imparentati con i loro vicini italici e rivelano importanti trasformazioni genetiche associate a successivi eventi storici.
Essendo la lingua etrusca estinta e solo in parte compresa, molto di ciò che inizialmente si sapeva della civiltà etrusca deriva dal commento di successivi scrittori greci e romani.
Un'ipotesi, quella caldeggiata da Erodoto, puntava all'influenza di elementi culturali dell'antica Grecia per sostenere che gli Etruschi discendono da gruppi migratori anatolici o egei. Secondo Dionigi di Alicarnasso, invece, gli Etruschi hanno avuto origine e si sono sviluppati localmente dalla cultura villanoviana dell'età del bronzo e sono quindi una popolazione autoctona.
Sebbene gli archeologi ritengano che gli Etruschi abbiano avuto un'origine locale ed alcune ricerche su DNA antico, in passato, abbiano anche suffragato questa ipotesi, solo oggi con questo studio, avendo indagato per la prima volta genomi completi, si sono potute dare risposte definitive sull’origine di questa popolazione.
L'attuale studio mette insieme informazioni genomiche su un arco temporale di quasi duemila anni, in relazione a dodici siti archeologici, e fa luce su questo mistero.
Evidenzia infatti che non ci sono prove genetiche di un recente movimento di popolazioni dall'Anatolia. La ricerca dimostra che gli Etruschi condividono il profilo genetico dei Latini della vicina Roma e che gran parte del loro genoma derivi da antenati provenienti dalla steppa Eurasiatica durante l'età del bronzo. Considerando che i gruppi legati alla steppa furono probabilmente responsabili della diffusione delle lingue indoeuropee, ora parlate in tutto il mondo da miliardi di persone, la persistenza di una lingua etrusca non indoeuropea in Etruria è un fenomeno intrigante e ancora inspiegabile che richiederà un’ulteriore indagine archeologica, storica, linguistica e genetica.
“Questa persistenza linguistica, combinata con un ricambio genetico, sfida la tesi che i geni siano uguali alle lingue, e suggerisce uno scenario più complesso che potrebbe aver coinvolto l'assimilazione dei primi popoli italici da parte della comunità linguistica etrusca, forse durante un periodo prolungato di mescolanza nel secondo millennio a.C.” afferma David Caramelli, docente di Antropologia all'Università di Firenze
Periodi di cambiamento
Nonostante alcuni individui di origini mediterranee orientali, nordafricane e centroeuropee, il patrimonio genetico etrusco è rimasto lo stesso per almeno 800 anni, a cavallo tra l'età del ferro e il periodo della Repubblica romana. Lo studio rileva, tuttavia, che durante il successivo periodo imperiale romano, l'Italia centrale ha subito un cambiamento genetico su larga scala, derivante dalla commistione con le popolazioni del Mediterraneo orientale, che probabilmente includevano schiavi e soldati trasferiti attraverso l'Impero Romano.
“Questo cambiamento genetico descrive chiaramente il ruolo dell'Impero Romano nello spostamento delle persone su larga scala in un momento di maggiore mobilità socioeconomica e geografica." afferma Johannes Krause, direttore del Max Planck Institute per l’Evoluzione Antropologica.
Guardando al più recente Alto Medioevo, i ricercatori hanno invece identificato antenati dell'Europa settentrionale che si sono diffusi in tutta la penisola italiana in seguito al crollo dell'Impero Romano d'Occidente. Questi risultati suggeriscono che i migranti germanici, compresi individui associati al Regno Longobardo di nuova costituzione, potrebbero aver lasciato un impatto rintracciabile sul paesaggio genetico dell'Italia centrale.
Nelle regioni della Toscana, del Lazio e della Basilicata il patrimonio genetico della popolazione è rimasto poi in gran parte continuo tra l'Alto Medioevo e oggi. Questo dato lascia intendere che il principale pool genetico delle persone attuali dell'Italia centrale e meridionale si sia in gran parte formato almeno mille anni fa. Sebbene sia necessario ottenere ulteriori dati di DNA antico da tutta Italia per supportare questa ipotesi, i cambiamenti di discendenza in Toscana e nel Lazio settentrionale simili a quelli riportati per la città di Roma e i suoi dintorni suggeriscono che gli eventi storici durante il primo millennio d.C. abbiano avuto un impatto importante sulle trasformazioni genetiche in gran parte della penisola italiana.
"L'Impero Romano sembra aver lasciato un contributo duraturo al profilo genetico degli europei meridionali, colmando il divario tra le popolazioni europee e del Mediterraneo orientale sulla mappa genetica dell'Eurasia occidentale" afferma Cosimo Posth, professore all'Università di Tubinga e Centro Senckenberg per l'evoluzione umana e il paleoambiente.
Per saperne di più
Lo studio The origin and legacy of the Etruscans through a 2000-year archeogenomic time transect è stato pubblicato il 24 settembre 2021 su Science Advances.
Il gruppo di ricerca è composto da ricercatrici e ricercatori italiani (Università di Firenze, Università di Siena, Università di Ferrara, Museo della Civiltà di Roma) e provenienti da Germania, Stati Uniti, Danimarca e Regno Unito,
L’elenco completo degli autori è: Cosimo Posth, Valentina Zaro, Maria A. Spyrou, Stefania Vai, Guido A. Gnecchi-Ruscone, Alessandra Modi, Alexander Peltzer, Angela Mötsch, Kathrin Nägele, Åshild J. Vågene, Elizabeth A. Nelson, Rita Radzevičiūtė, Cäcilia Freund, Lorenzo M. Bondioli, Luca Cappuccini, Hannah Frenzel, Elsa Pacciani, Francesco Boschin, Giulia Capecchi, Ivan Martini, Adriana Moroni, Stefano Ricci, Alessandra Sperduti, Maria Angela Turchetti, Alessandro Riga, Monica Zavattaro, Andrea Zifferero, Henrike O. Heyne, Eva Fernández-Domínguez, Guus J. Kroonen, Michael McCormick, Wolfgang Haak, Martina Lari, Guido Barbujani, Luca Bondioli, Kirsten I. Bos, David Caramelli, Johannes Kraus.
* Didascalia foto: i resti umani analizzati in questo studio provengono anche da questo sito
Comunicato a cura dell'Ufficio Stampa dell'Università di Firenze. Il commento del Prof. Guido Barbujani a cura di Ufficio Stampa, Comunicazione Istituzionale e Digitale di Unife.