Notizia

Ricerca biomedica | Sostenuta e valorizzata: il racconto di Ottavia, studentessa Unife e ricercatrice ACAREF

28/07/2022

Persone

Ottavia Bonucelli, giovane ricercatrice, da quest’anno affianca la professoressa Peggy Marconi e le dottoresse Francesca Salvadori e Mariangela Pappadà del Dipartimento di Scienze della Vita e Biotecnologie di Unife nello studio delle Atassie Spinocerebellari di tipo 1 e 2. 

La sua partecipazione al gruppo di ricerca è stata resa possibile grazie ai fondi messi a disposizione da A.C.A.RE.F., fondazione ferrarese che sostiene le persone colpite dalla malattia.

Abbiamo intervistato Ottavia per farci raccontare il suo percorso dalle aule di Unife ai laboratori di ricerca.

Ciao Ottavia, grazie per aver accettato il nostro invito. Partiamo da te, come è iniziato il percorso universitario che ti ha portata a diventare dottoressa? 

Grazie a voi per l’invito. Terminato il liceo scientifico ero un po’ indecisa sul mio futuro. Ho deciso di iscrivermi a Biotecnologie a Ferrara e fin dal primo giorno ho capito che quella era la mia strada. Durante una lezione del secondo anno è arrivata una ragazza, la dottoressa Salvatori, a parlare di un progetto sull’Atassia Spinocerebellare. Il progetto mi aveva incuriosita molto e quindi le chiesi di iniziare già dal secondo anno a frequentare il laboratorio.
Purtroppo, dopo solo una settimana è iniziata la pandemia, ho dovuto interrompere e concludere il tirocinio l’anno successivo.          Dopo essermi laureata alla triennale mi sono iscritta alla magistrale di Biotecnologie e a settembre sono venuta a conoscenza della borsa di studio proprio sul progetto dell’atassia. Mi rendevo conto che lavorare e studiare contemporaneamente sarebbe stato complicato, ma comunque ho deciso di partecipare al bando. Adesso mi trovo qui, in laboratorio tutto il giorno portando avanti gli studi della Magistrale, e non potrei essere più contenta. 

Com’è iniziato il tuo percorso nella ricerca? 

È cominciato con il tirocinio che mi ha fin da subito molto appassionata. Dopo aver concluso il tirocinio ho ricevuto questa borsa di studio. Sono stata contentissima perché ero molto legata a questo progetto e continuare a lavorarci è stata una grande soddisfazione personale. Mi sono trovata molto bene con il team fin da subito e sono contenta di fare esperienza per il mio curriculum. 

Ti va di raccontarci un po’ di cosa ti occupi?  

Il programma di ricerca riguarda lo studio di una malattia, l’Atassia Spinocerebellare, detta anche SCA1. Questa malattia si basa su una mutazione del DNA che può causare problemi neurodegenerativi.
È una malattia molto invalidante perché si passa dall’impossibilità di parlare al non riuscire più a camminare, fino a una totale immobilità. Fa parte delle malattie rare e a oggi purtroppo non c’è un rimedio, il suo decorso è inevitabile. Da quanto viene diagnosticata, la prospettiva di vita è di 10/15 anni. Quello che noi cerchiamo di fare è eliminare la mutazione, quindi a silenziare il gene dell’atassia che produce la tossina 1. Attraverso diversi approcci, tentiamo di silenziare il gene per evitare che la tossina non venga più prodotta. Io mi focalizzo più sulla parte “personalizzata” del progetto, studiando il DNA di ogni singolo paziente.

Come ti trovi con le persone che affianchi in laboratorio? 

Insieme a me in questo progetto ci sono la professoressa Peggy Marconi, la professoressa Salvadori e una dottoranda Mariangela Pappadà. Siamo un team di sole donne, cosa di cui vado molto fiera.  Mi sono trovata fin da subito molto bene, l’ambiente è molto stimolante e ho tanto da imparare da loro che sono ottime ricercatrici. Si è instaurato fin da subito un rapporto di fiducia e rispetto reciproco; spesso si tende a pensare che i professori siano più in alto rispetto a noi, ma in realtà fin da subito mi sono sentita accolta e valorizzata.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Innanzitutto, spero di riuscire a laurearmi in tempo alla Magistrale. Lavorando e studiando contemporaneamente è molto difficile portare avanti entrambi le cose e non rimanere indietro. Finita la Magistrale penso di continuare gli studi, non so ancora se con un dottorato o una specializzazione però sicuramente non mi fermerò alla Laurea Magistrale.

Che ruolo ha avuto l’Università di Ferrara nel tuo percorso? 

Studiare a Ferrara inizialmente è stato un po’ un salto nel vuoto e una corsa contro il tempo. Poi però mi sono ritrovata in una città bellissima e mi sono ambientata da subito. L’Università di per sé non l’ho vissuta molto, la mia sede è al centro fiere, ma mi sono trovata comunque molto bene. Mi sono piaciuti gli insegnamenti e il corso in generale l’ho trovato molto stimolante. Sono grata all’università, perché mi ha permesso di dedicarmi a una cosa che mi piace molto, e perché mi ha accolta e mi ha dato questa opportunità di crescita accademica e personale. 

Cosa ti senti di dire alle/i giovani che vogliono intraprendere il tuo stesso percorso di studi?

Voglio dire di credere in sé stessi, che se trovano qualcosa che li appassiona di impegnarsi perché poi i risultati arrivano. Bisogna crederci fino in fondo. Non bisogna lasciarsi abbattere dai giudizi delle persone ma andare avanti a testa alta, dritti per la propria strada perché se vali si vedrà. Al Liceo i professori mi dicevano che non ero una persona da materie scientifiche, ora 5 anni dopo, mi chiamano scienziata. Tutti diamo importanza all’opinione degli altri, ma questa non deve mai pesare così tanto da non permetterci trovare la nostra strada.

Domanda libera: c’è qualcosa che ci vorresti dire o raccontare a cui tieni e credi sia significativo citare e che non ti abbiamo chiesto?

Ci tengo a dire che in laboratorio con me ci sono dei tirocinanti, ho il compito di seguirli e di insegnare loro le varie procedure e i vari step. Quindi sto imparando anche a insegnare e devo dire che è una grande sfida per me. È molto soddisfacente ma dall’altro lato è molto complicato e spaventoso perché, come loro, sto ancora imparando tante cose. Quindi da un lato imparo ogni giorno, dall’altro ho delle persone da seguire e a cui spiegare e insegnare. Inoltre, forse diventerò correlatrice, motivo di grandissimo orgoglio personale. Infine, ci tengo a ringraziare ancora l’Università di Ferrara per tutte le opportunità e la formazione che mi ha dato e che continua a dare. 

Intervista a cura di Ginevra Criveto, tirocinante del corso di laurea in Scienze e Tecnologie della Comunicazione.

Se ti è piaciuta questa notizia, iscriviti a Unife News e ricevi ogni mese la newsletter di Unife, con nuovi contenuti e aggiornamenti.