Evoluzione | Da Unife un modello comune a pesci e mammiferi per studiare le capacità cognitive
Scienza, cultura e ricerca
Così distanti dal punto di vista evolutivo, così simili nel modo di pensare. Riguarda le capacità cognitive di pesci e mammiferi l’ultimo studio pubblicato dal team di zoologi del Dipartimento di Scienze della vita e biotecnologie dell’Università di Ferrara.
I ricercatori hanno studiato il gene bdnf, fondamentale per la cognizione nei mammiferi, dimostrandone l’importanza anche nel pesce zebra, o zebrafish, uno dei vertebrati maggiormente utilizzati come modello per studi di genetica e biologia.
Proprio questo aspetto racchiude uno dei risvolti più interessanti dello studio, che renderebbe gli zebrafish candidati modelli per lo studio di malattie del sistema cognitivo, come l’alzheimer.
“La nostra soddisfazione va oltre i risultati ottenuti in questa ricerca. Lo zebrafish è riconosciuto come un nuovo modello chiave per lo studio del sistema nervoso, anche se alcuni ricercatori faticano a svincolarsi dai modelli tradizionali come il topo. Il nostro Dipartimento ha creduto fortemente in questo progetto, fornendo spazi e logistica utili a generare la nostra facility e Unife ha saputo investire sullo zebrafish, supportando per esempio il laboratorio con finanziamenti per acquisto di grandi attrezzature. È con questo tipo di progetti che si conferma la bontà della visione e dei molti anni di lavoro nel nostro Ateneo” commenta il Professor Cristiano Bertolucci del Dipartimento di Scienze della vita e biotecnologie dell’Università di Ferrara e principal investigator dello studio.
Il Professor Cristiano Bertolucci del Dipartimento di Scienze della vita e biotecnologie
Pesci, mammiferi e test cognitivi dagli esiti sorprendenti
“Questo progetto nasce dall’ipotesi che esistano moduli cognitivi di base comuni a tutti i vertebrati. L’idea si fonda su dati raccolti in decenni di studi di tipo osservazionale, che fino ad ora non avevano ancora trovato un riscontro di tipo genetico” spiega il Dottor Tyrone Lucon-Xiccato, primo autore dello studio.
“Infatti la psicologia comparata, ramo della ricerca etologica che studia la cognizione degli animali, si serve tradizionalmente di test comportamentali che misurano le capacità cognitive nelle diverse specie. Ad esempio, si induce l’animale ad effettuare un compito - discriminare tra due oggetti, due colori, o due forme - e si premia la risposta corretta con una ricompensa alimentare”.
“Nonostante in passato si credesse che le capacità cognitive aumentino al crescere delle dimensioni e della complessità del sistema nervoso, le osservazioni sui pesci - raccolte anche da pregressi studi dell’Università di Ferrara - hanno complicato l’analisi: alcuni di questi animali hanno prestazioni cognitive non dissimili da quelle dei mammiferi o degli uccelli con un cervello centinaia di volte più sviluppato” chiarisce il Dottor Lucon-Xiccato.
Il Dottor Tyrone Lucon-Xiccato primo autore dello studio.
Il gene bdnf, chiave per una lettura moderna dei codici cognitivi
Il team Unife - interdisciplinare e caratterizzato da competenze in biologia evoluzionistica, etologia, psicologia comparata, neuroscienze, e genetica - ha dunque deciso di analizzare il ruolo del gene bdnf nei pesci, già noto per essere fondamentale negli schemi cognitivi dei mammiferi.
“Abbiamo osservato come i pesci con livelli più alti del gene bdnf siano in grado di apprendere più velocemente. Parallelamente, abbiamo riscontrato enormi deficit cognitivi in assenza dello stesso gene, generando uno zebrafish mutante privo del gene bdnf. Ciò dimostra che lo stesso meccanismo genetico regola le capacità cognitive nei pesci così come nei mammiferi” aggiunge Lucon-Xiccato.
“Siamo riusciti a generare il mutante senza il gene bdnf grazie alla collaborazione con il Dottor Salvatore D’Aniello della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, esperto di genetica evolutiva. Si pensi che nel topo, in cui la ricerca sulla genetica funzionale è molto più datata rispetto ai pesci, al giorno d’oggi non esiste un mutante vitale con tali caratteristiche”.
“Bisogna considerare che, a fronte dell’esiguo numero di studi come il nostro, sappiamo ancora ben poco di come la genetica determini le abilità cognitive negli animali, ed è decisamente improbabile che bdnf sia l’unico gene coinvolto. La chiave per questo tipo di studi potrebbe essere il modello zebrafish associato ai dati già acquisiti nei mammiferi”
Alla luce di questo potenziale del modello zebrafish il gruppo di ricerca di zoologia dell’Università di Ferrara è stato recentemente inserito in un progetto nazionale finanziato dal MIUR chiamato Partenariato Esteso di Neuroscienze e Neurofarmacologia.
Esempio di test cognitivo comportamentale su zebrafish
Dalla biologia evoluzionistica al campo della salute
“Benché il nostro gruppo sia principalmente interessato all’evoluzione del sistema cognitivo, i nostri risultati hanno attirato l’attenzione di ricercatrici e ricercatori di ambito medico. Nell’essere umano infatti variazioni genetiche di bndf sono state associate a diverse malattie del sistema nervoso centrale, tra cui l’alzheimer. Il mutante da noi prodotto potrebbe essere utilizzato per studiare più efficacemente queste patologie” sottolinea il Dottor Lucon-Xiccato.
“Questo studio è un punto di partenza: il modello mutante zebrafish richiede analisi più dettagliate. A tal riguardo, il MUR quest’anno ha cofinanziato una borsa di dottorato nell’ambito del progetto PNRR che permetterà ad una giovane ricercatrice Unife di studiare più a fondo gli effetti dell’assenza di bdnf nello zebrafish”.
“Connettere ambiti della ricerca tanto disparati come lo studio dei geni, quello del comportamento animale fino all’ambito della salute, è una delle caratteristiche più originali di questo studio, che ci rende particolarmente orgogliosi” aggiunge Lucon-Xiccato.
Per saperne di più
Lo studio “Individual differences and knockout in zebrafish reveal similar cognitive effects of BDNF between teleosts and mammals” è stato pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences.
Le autrici e gli autori sono Tyrone Lucon-Xiccato, Giulia Montalbano, Elia Gatto, Elena Frigato, Salvatore D'Aniello and Cristiano Bertolucci
La ricerca è stata finanziata in parte da Unife e in parte dal Ministero dell’Università e della Ricerca tramite un grant FIRB assegnato al Dottor Salvatore D’Aniello.
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A cura di CHIARA FAZIO