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Porfiria | La testimonianza dell'alumna Unife Giulia Schiavina e l'evento di sensibilizzazione del 23 novembre

12/11/2024

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Porfiria | La testimonianza dell'alumna Unife Giulia Schiavina e l'evento di sensibilizzazione del 23 novembre
La Dottoressa Giulia Schiavina, alumna Unife e Segretario dell'Associazione Vivi Porfiria

L’Associazione Vivi Porfiria conta un’alumna Unife tra le proprie fondatrici: è la Dottoressa Giulia Schiavina, laureata in Biotecnologie e Segretario dell’Associazione.

Ma cos’è la porfiria? È più opportuno parlarne al plurale: le porfirie sono un gruppo di malattie metaboliche rare con sintomi diversi tra loro, dal forte dolore addominale all’insorgere di lesioni cutanee. Sono causate da un difetto funzionale di uno degli enzimi deputati alla sintesi dell’eme, un elemento del nostro sangue essenziale per la vita.

I principali obiettivi dell'Associazione sono la comunicazione e il networking fra pazienti, medici e istituzioni politiche, al fine di facilitare l'accesso alle cure.

In quest’ottica, sabato 23 novembre, a Milano, presso l’Auditorium Giovanni Testori, è in programma l’evento gratuito “Vivi porfiria: conoscenza, condivisione e cura”, una giornata dedicata alle porfirie e all’incontro tra pazienti e professioniste/i, per confrontarsi e condividere conoscenze.

Con la Dottoressa Schiavina abbiamo riflettuto sull’importanza della divulgazione e sulla necessità di stabilire sinergie tra pazienti, caregiver, mondo scientifico e istituzioni.

Partiamo dalla fine, ossia dal vostro prossimo evento "Vivi Porfiria: conoscenza, condivisione e cura". Come si svolgerà e di cosa si parlerà?

Si tratta di un’iniziativa gratuita rivolta ai pazienti affetti dalla patologia della porfiria, ma aperta a tutti coloro che desiderano partecipare. Si parlerà in maniera semplice e diretta, affinché i temi possano essere ben colti anche da chi non ha un background medico. Saranno presenti diverse professionalità che forniranno un quadro generale delle varie forme di porfiria. In particolare, interverranno clinici appartenenti al gruppo Italiano Porfiria (GrIP), guidato dal Professor Paolo Ventura.

Facciamo un passo indietro: come è nata Vivi Porfiria? Come sei entrata in contatto con le altre ragazze dell’Associazione? Qual è l'obiettivo?

Siamo partite in cinque ragazze. Per me tutto è cominciato subito dopo la mia diagnosi: nell’ottobre del 2022 mi è arrivata una telefonata dall’attuale Presidente, la Dottoressa Francesca Granata, paziente e ricercatrice del Policlinico di Milano. Mi ha illustrato l’idea di creare un'associazione che fino a quel momento mancava in Italia: ciò significa che i pazienti non avevano alcun punto di riferimento nemmeno per porre una domanda, dalla più semplice alla più complessa. Io le ho risposto subito: “Ci sto”. Sono stata la terza fondatrice, poi pian piano abbiamo messo insieme questo progetto di cui andiamo molto fiere. In poco tempo abbiamo fatto tanto: abbiamo avuto nuove diagnosi tramite persone che ci seguono sui social e che prima non sapevano a chi rivolgersi. È un grande traguardo, ma è solo l’inizio perché ci sono ancora tante cose da fare.

Puoi spiegare che cosa sono le porfirie a una persona che non le conosce e che magari ne sente parlare per la prima volta leggendo questa intervista?

Se vogliamo fare un paragone semplice, la porfiria è un difetto in una catena di montaggio: la catena in questione è quella di composizione dell’eme, uno degli elementi principali della nostra emoglobina. Se uno di questi passaggi salta, si ha la porfiria. Gli errori derivano da mutazioni del DNA, dunque a monte del processo, che però hanno un effetto domino sulla generazione della molecola dell'eme e sulla produzione di altre sostanze che diventano tossiche per l’organismo.

In un’altra intervista hai detto alcune frasi importanti sul momento della tua diagnosi, ossia “Un medico si è preso il tempo di ascoltarmi” e “Io combatto solo se conosco il mio nemico”. Che significato hanno per te queste frasi? Hai voglia di spiegarci come hai scoperto di essere affetta da porfiria?

Il momento della diagnosi è stato una liberazione. Ho passato diciannove giorni di agonia senza capire a cosa fosse dovuto il mio disagio. L’ascolto è fondamentale: bisogna mettere insieme tutti i pezzi del puzzle per capire che malattia sia e stare attenti a tutti gli aspetti. Un medico si è preso il tempo di sedersi a fianco a me e mi ha chiesto di raccontargli tutta la mia storia clinica, dalla nascita fino a oggi. Tutti i tasselli insieme hanno acceso in lui la scintilla. Bisogna studiare, documentarsi e non fermarsi ai luoghi comuni. I falsi miti sulla porfiria sono tanti, ma bisogna andare oltre e non dare nulla per scontato.

Che consiglio daresti a una persona che sospetta di essere affetta da porfiria e non sa a chi rivolgersi?

In Italia ci sono svariati centri porfirici eccellenti. Attraverso il nostro sito e i nostri canali social è possibile vedere quali sono e prendere contatto con loro. Questo è uno dei nostri obiettivi: facilitare l’aggancio del paziente verso il centro.

Tu sei laureata in Biotecnologie a Unife. In qualche modo le tue conoscenze hanno influenzato le tua percezione della malattia?

Sicuramente sì, le mie conoscenze mi hanno permesso di avere una visione più razionale e clinica di quello che stavo vivendo, ossia un uragano di emozioni fisiche e psicologiche. L’approccio più distaccato e “accademico” mi hanno aiutata tantissimo, è molto utile avere un background di conoscenze mediche. In realtà sto anche cercando di proseguire il mio percorso a Unife per studiare Medicina.

Grazie mille, Giulia. Dai a tutte/i uno o più motivi per partecipare all’evento del 23 novembre a Milano.

Tre motivi principali: conoscenza, diffusione e fare rete. Per me è stato fondamentale conoscere altre persone attraverso l’Associazione per affrontare la malattia. Stare insieme e condividere le proprie esperienze aiuta tantissimo.

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