Paleoclimatologia | Dai microfossili planctonici, dati per il futuro
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Quali saranno le implicazioni del riscaldamento globale sugli ecosistemi marini? Un recente studio su microfossili oceanici mostra che, durante uno dei periodi più caldi nella storia della Terra, la vita del plancton si preservò grazie all'aumento dell'ossigeno nelle acque superficiali. Questo evento ci aiuta a comprendere cosa potrebbe accadere oggi, sebbene il cambiamento climatico attuale sia molto più rapido.
Allo studio, coordinato dal Max Planck Institute for Chemistry e dalla Princeton University, ha partecipato anche la Professoressa Valeria Luciani dell'Università di Ferrara, Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra.
La Professoressa Valeria Luciani allo stereomicroscopio per il picking di ~1000 esemplari di foraminiferi planctonici necessari per le analisi degli isotopi stabili dell’azoto.
L’ossigeno è fondamentale per la vita e la sua distribuzione negli oceani regola la sopravvivenza del biota marino. L’assorbimento di ossigeno dell’oceano dall’atmosfera è ridotto dall’aumento di temperatura, con severe conseguenze per gli ecosistemi marini e le attività umane collegate (pesca, ecc.). Non sappiamo però come in futuro, all’aumentare della temperatura, l’oceano ridistribuirà l’ossigeno all’interno del suo volume.
Il gruppo di ricerca ha esaminato la quantità di ossigeno nelle acque superficiali dell’Oceano Pacifico tropicale, la più estesa zona deficitaria di ossigeno, durante il maggiore e più rapido evento di riscaldamento globale degli ultimi 100 milioni di anni, verificatosi 56 milioni di anni fa (il Paleocene Ecocene Thermal Maximum, PETM). Nel corso di quel periodo, considerato analogo a quello attuale, le temperature aumentarono di 6-8°C in poche migliaia di anni, probabilmente a causa di un significativo rilascio di metano e conseguente aumento di gas serra nell’atmosfera terrestre.
“Le rocce, i sedimenti e i fossili conservano una registrazione completa, detta record geologico, dei vari eventi e dei cambiamenti climatici che hanno caratterizzato la storia della Terra”, spiega la Professoressa Luciani di Unife. “Mentre l’osservazione e lo studio degli ecosistemi attuali sono limitati a poche decine di anni o agli archivi storici, il record geologico ci offre l’opportunità di comprendere la risposta a lungo termine degli ecosistemi a eventi di riscaldamento climatico simili a quello attuale.”
“In particolare, i foraminiferi planctonici, un gruppo di microrganismi marini dal guscio calcitico, fossilizzandosi nelle rocce sedimentarie oceaniche, hanno conservato cruciali informazioni chimico-fisiche sull’ambiente acquatico in cui si sono sviluppati. I microfossili che abbiamo analizzato giungono a noi dal PETM e derivano da diversi prelevamenti di campioni da sedimenti delle spedizioni scientifiche Deep Sea Drilling Project e Ocean Drilling Program, attive dalla fine degli anni Sessanta, che forniscono un archivio imprescindibile per le conoscenze del clima del passato.”
Esempio di foraminiferi planctonici del PETM
Nello specifico, quantificando gli isotopi dell’azoto, cioè azoto con diversi numeri di massa atomica, 15N e 14N, conservato in questi microfossili è stato possibile determinare il grado di ossigenazione delle acque superficiali dell’Oceano Pacifico tropicale durante il PETM e la produttività biologica dei foraminiferi, ossia la capacità di questi organismi di crescere e prosperare. Il rapporto degli isotopi dell’azoto presente nell'acqua è infatti un indicatore delle condizioni di ossigenazione: più è alto il rapporto 15N/14N, minore è l’ ossigenazione dell’acqua, in quanto nelle acque impoverite di ossigeno, i batteri convertono i nitrati in azoto molecolare.
I risultati delle analisi condotte, pubblicati sulla rivista Science, mostrano una diminuzione dei livelli di azoto nei microfossili del PETM, indicando così un inatteso aumento dell'ossigeno nelle acque superficiali dell'Oceano Pacifico tropicale durante il massimo termico.
“Il grado di ossigenazione delle acque superficiali può aver contribuito a preservare la sopravvivenza del microrganismo marino nonostante l’elevato stress delle alte temperature”, commenta il Dottor Simone Moretti, principal investigator. “Al contrario, nello stesso periodo, le creature marine che vivevano sui fondali oceanici andarono incontro ad estinzione.”
“Durante il periodo in esame (PETM), gli ecosistemi impiegarono più di 100mila anni per recuperare lo stato precedente l’evento. I cambiamenti negli ecosistemi attuali si stanno verificando a una velocità estremamente più elevata: per questo, nonostante le somiglianze tra il massimo termico del Paleocene Eocene e l’innalzamento delle temperature globali che stiamo vivendo, non è possibile assicurare che vedremo la stessa resilienza degli organismi marini”, conclude la Prof.ssa Luciani.
Per saperne di più
Le ricercatrici e i ricercatori italiani sono stati supportati anche dal progetto PRIN 2017RX9XXY “Biota resilience to global change: biomineralization of planktic and benthic calcifiers in the past, present and future” di cui la Prof.ssa Luciani ha coordinato l’Unità di Ferrara.
Per consultare lo studio Oxygen rise in the tropical upper ocean during the Paleocene-Eocene Thermal Maximum, pubblicato su Science, February 2024, consultare il link: 10.1126/science.adh4893
Il gruppo di autrici e autori dello studio comprende Moretti S., Auderset A., Deutsch C, Schmitz R., Gerber L., Thomas E., Luciani V., Petrizzo M.R., Schiebel R., Tripati A., Sexton P., Norris R., D’Onofrio R., Zachos J., Sigman D.M., Haug, G.H., Martínez-García A.