Unife partecipa alla campagna “Scoglio d’Affrica 2019” | Partite le indagini per comprendere le cause del fenomeno naturale simile a un geyser
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“Il mistero dell’Affrichella”. Da alcuni era stato definito così nel marzo 2017, quando al largo del piccolo isolotto che ospita il faro dello Scoglio d'Affrica (a ovest dell’Isola di Montecristo), si è alzata dal mare una colonna d’acqua mista a gas e fango. Uno spettacolo davvero insolito che aveva supposto la presenza di fenomeni riconducibili a un’attività geologica sottomarina.
A indagare le origini e le cause anche l’Università di Ferrara nell’ambito della campagna “Scoglio d’Affrica 2019”, che ha visto coinvolti anche l’Istituto Idrografico della Marina (IIM), l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) Sez. Roma e Palermo, l’Istituto di Ingegneria del Mare (INM) del CNR di Genova, e l’Università La Sapienza (UniRoma1).
Obiettivo principale è stato mappare la morfologia del fondale nella zona circostante lo Scoglio d’Affrica, individuando così l’eventuale presenza di fuoriuscita di gas e campionando l’acqua grazie a sofisticati strumenti scientifici.
“L’area di indagine è stata suddivisa in varie sottozone in base alle diverse priorità – spiega il Prof. Massimo Coltorti del Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra di Unife – Sono stati effettuati rilievi Multibeam ad altissima risoluzione (che permettono di identificare strutture del fondale anche di ridotte dimensioni) utilizzando la Nave idro-oceanografica Ammiraglio Magnaghi della Marina Militare e le due imbarcazioni in dotazione. Inoltre sono stati acquisiti i dati per ricercare possibili emissioni gassose e per investigare possibili cambiamenti delle proprietà fisiche della massa d’acqua. Queste attività sono state integrate con l’investigazione video a mezzo ROV (Remotely Operated Vehicle), il campionamento diretto del fondo tramite benna Van Veen e il prelievo di acqua per le successive analisi in laboratorio (Unife, UniRoma1, INGV)”.
“Già in una prima fase è stato possibile individuare la presenza di ripples (increspature) sul fondale marino, di praterie a Posidonia oceanica (pianta acquatica del Mar Mediterraneo) o di ammassi rocciosi frantumati – conclude Coltorti - Inoltre sono stati individuati disturbi nella colonna d’acqua riconducibili alla presenza di emissioni gassose ed è stata identificata una nuova area, distante dalle precedenti, dove si ritiene plausibile la presenza di emissioni di gas, che potrà essere oggetto di successive indagini. Grazie all’elaborazione dei dati e alla collaborazione tra i diversi attori che hanno partecipato alla campagna, sarà realizzata una mappatura 3D con l'individuazione di target di interesse, la classificazione della natura del fondo e la messa a punto di una procedura di caratterizzazione rapida ambientale in caso di eventi eccezionali, di monitoraggio ambientale e gestione del rischio, a supporto della Protezione Civile”.