La Moldavia tra UE e Russia
La notizia è che Maia Sandu è stata confermata presidente della Moldavia, sconfiggendo al ballottaggio l'ex procuratore generale filorusso Alexandr Stoianoglo. La presidente filoeuropea si è aggiudicata il 55,41% delle preferenze, dopo che 15 giorni prima si era fermata al 42,3%. Sempre 15 giorni fa era stato approvato sul filo di lana il referendum per includere nella Costituzione il percorso "irreversibile" verso la UE col 50,46% dei voti, un risultato che evidenzia la netta divisione tra due percorsi alternativi per la piccola Moldavia, guardare verso Ovest o verso Est.
Per comprendere questa situazione è però necessario conoscere alcuni particolari aspetti storici e geopolitici della Moldavia. Essa attualmente corrisponde all’antica regione della Bessarabia, un'area pianeggiante compresa fra il fiume Prut ed il Nistro e, al di la del fiume, a un piccolo territorio fino alle prime ondulazioni della parte meridionale del Rialto Podolico chiamato Transnistria, confinante con l’Ucraina. La stessa Ucraina impedisce l’accesso della Moldavia al Mar Nero, occupando la parte meridionale della Bessarabia, detta Bessarabia Storica o, in ucraino Budjak. A Ovest il confine è con la Moldavia rumena.
Piccola, dotata di scarse risorse naturali, industriali e finanziarie, ma popolata piuttosto densamente, la Moldavia paga con la posizione di Paese più povero d'Europa lo scotto di una difficile transizione all'indipendenza, ottenuta per la prima volta nel 1991, nel momento della dissoluzione dell'URSS, dopo secoli di alternante sottomissione politica a Mosca o a Bucarest.
Già in quel momento la Moldavia subì la secessione della Transnistria che si costituì in Repubblica Sovietica Pridnestrova di Moldavia, che nessun paese ha riconosciuto. Nel 1992 una guerra su scala limitata tra le due Repubbliche terminò con la sconfitta moldava e le truppe russe che difendevano la Transnistria rimasero stanziate nel territorio a est del Nistro, ufficialmente per proteggere la popolazione slava. Anche la regione meridionale della Gagauzia, territorio con 155.000 abitanti di etnia e lingua turca insediati dai russi tra il 1750 e il 1846, chiese la propria indipendenza, che portò ad un riconoscimento di una forte autonomia all’interno della Moldavia.
Due sono stati fin dal primo momento i problemi maggiori del nuovo Stato: la riconversione dell'economia e delle strutture sociali dal sistema sovietico a quello “di mercato” e la ricerca di un'identità nazionale capace di unificare una società in cui coesistono radici etniche e culturali diverse. L'economia, basata su produzioni agroalimentari di modesta qualità destinate alle regioni fredde dell'impero sovietico, ha subìto con l'indipendenza una violenta contrazione per la perdita del proprio mercato. Lo Stato, privo di risorse finanziarie, non ha potuto mantenere i livelli di sicurezza sociale precedenti e mentre una parte della popolazione era orientata verso il ripristino di un rapporto più stretto possibile con la Russia e di un sistema di tipo sovietico, un'altra parte era tesa alla pura e semplice riunificazione con la Romania. Solo una minoranza era attivamente coinvolta nella ricerca di una via autonoma. Problemi non dissimili da quelli che hanno investito quasi tutte le altre ex Repubbliche sovietiche, aggravati però dalle peculiari condizioni di povertà del Paese e da violente tensioni nazionaliste, mai completamente superate. I livelli di reddito dei quattro quinti dei moldavi, al di sotto della soglia ufficiale di povertà, hanno provocato un tasso di emigrazione quale nessun altro Paese europeo ha mai conosciuto nell'ultimo secolo, con un tasso netto di migrazione a -8,95/1000 abitanti. Per questo motivo si parla di diaspora moldava.
Nel Gennaio 2024 la Moldavia e i capi di Stato e di governo dell'Unione Europea hanno deciso di avviare i negoziati di adesione. I partiti di opposizione filo-russi, guardano invece verso est, finanziati dalla Russia e da due oligarchi come Ilan Sor e Vladimir Plahotniuc. A Febbraio la presidente Sandu ha confermato l’esistenza di un piano di Mosca per sostituire i vertici del potere esecutivo moldavo, mentre il Presidente rumeno Klaus Iohannis ha ribadito il sostegno totale della Romania che da un anno fornisce gas ed elettricità al suo vicino, sottoposto ai ricatti di Gazprom.
In attesa delle elezioni parlamentari del 2025, la vittoria di Maia Sandu non risolve il destino futuro della Moldavia. Il paese infatti si ritrova diviso, con una parte non trascurabile del proprio territorio e della propria popolazione che vive isolata dal resto, in un regime di autoproclamata, ma effettiva indipendenza e di un potente antico occupante deciso a riprendersi ciò che ritiene di sua proprietà, anche attraverso interferenze ed intimidazioni di ogni tipo. Tra corruzione e operazioni di disinformazione, è stato rivelato un massiccio schema di acquisto di voti, che ha coinvolto fino a un quarto degli elettori.
La divisione è nei numeri. Basti ricordare come nel referendum pro-Europa, nella Transnistria secessionista il sì ha nettamente perso (37,4% contro il 62,6% di no), mentre nella regione autonoma della Gaugazia, i contrari hanno segnato un plebiscito (94,8%). Il voto dei moldavi all'estero è stato invece uno tsunami a favore dell'adesione: oltre il 77%. Forse è un paradosso, ma il sogno europeo è nelle mani di chi è stato costretto a lasciare il proprio paese, di chi è già europeo. Saprà l’Unione Europea corrispondere a queste aspettative? Molto dipenderà dall’esito della guerra in Ucraina, soprattutto dopo la vittoria di Trump alle elezioni americane. Se la Russia conquisterà anche un solo lembo di confine con la Transnistria e la Moldavia, queste potranno diventare il prossimo Donetsk, rispetto ad una Romania già entrata nella NATO. Oppure il destino della Moldavia può far riemergere il concetto di “stato cuscinetto”, messo in crisi dalla crisi ucraina. Vista la situazione interna e la pressione russa è forse la soluzione più ottimistica.
Davide Fabbri