Repubblica Popolare del Bangladesh: Global Overview

Il Punctum latino rappresenta la ferita, ciò che colpisce, che suscita attenzione. Nell’attuale incandescente scenario internazionale non possiamo negare che il punctum più recente sia rappresentato dalla situazione che si è creata in Bangladesh, nazione lontana, periferica in un mondo dove però sta scomparendo ogni periferia, perché ogni realtà è ormai parte di un gioco complessivo, totale.

A Gennaio di quest’anno la Lega Popolare Bengalese, della PM Sheikh Hasina ha vinto per la quinta volta consecutiva le elezioni parlamentari, possibile indice di una presunta stabilità. Sheikh Hasina ha avuto il merito di aver portato una giovane nazione nata da una guerra a diventare uno dei Paesi con la crescita più veloce del continente asiatico, di averne trasformato l’economia e di aver reso il settore tessile uno dei più competitivi al mondo. La premier è stata anche accusata più volte, sia dalle opposizioni che da diverse organizzazioni internazionali, di essere una minaccia per la democrazia. Repressioni verso il dissenso, la libertà di stampa e la società civile sono state segnalate da varie associazioni. Con la guerra in Ucraina le cose sono cambiate: la crisi economica e l’inflazione sono diventate sempre più visibili e questo ha scatenato, dal luglio 2022, violente proteste, fino alla grande manifestazione dell’ottobre 2023, durante la quale l’opposizione ha chiesto inutilmente le dimissioni di Hasina e la nascita di un Governo di transizione per portare il Paese alle elezioni. Nelle consultazioni il partito di Hasina ha ottenuto i tre quarti dei seggi disponibili con un’affluenza del 40%. A Luglio nuove violente proteste hanno raggiunto un livello critico con l’incendio della sede principale della televisione pubblica Btv a Dhaka. Violente rivolte studentesche sono scoppiate a causa della protesta contro un sistema di assunzione nel servizio pubblico percepito come discriminatorio. Il 30% dei posti nella amministrazione pubblica è infatti riservato ai familiari dei reduci della guerra di indipendenza del 1971, una quota che gli studenti vorrebbero abolire in favore di criteri meritocratici. Ogni anno, circa 400.000 laureati competono per soli 3.000 posti disponibili, rendendo la competizione feroce e il sistema insostenibile. La risposta del governo è stata ferma, dura, con l’imposizione di un blocco dei servizi internet e di telefonia mobile e l’intervento delle forze armate per mantenere l’ordine. Il numero delle vittime è stato di almeno 170 morti. In Agosto, perso il supporto dell’esercito, il primo ministro Sheikh Hasina si è dimessa, ha abbandonato il Paese a bordo di un elicottero dell’Aeronautica militare ed è atterrata ad Agartala, nello Stato indiano di Tripura. Il capo dell’esercito Waker-Uz-Zaman ha assunto il controllo del Paese e ha annunciato in un messaggio televisivo alla nazione l’imminente formazione di un governo provvisorio. A presiedere tale governo è stato chiamato il premio Nobel Muhammad Yunus. Il nuovo governo è composto da 16 membri, di cui 4 donne e 2 leader studenteschi che gestiranno le TLC e le Politiche giovanili. Agli esteri va il diplomatico Touhid Hossain, agli Interni il Capo di Stato Maggiore Sakhawat Hossain, alle Finanza l’ex governatore della Banca Centrale Salahuddin Ahmed. Yunus mantiene a sé Difesa, Istruzione, Energia e Risorse Idriche. La nomina di Yunus è stata accolta favorevolmente da USA. Cina e UE.

Fin qui la cronaca degli ultimi mesi in Bangladesh. Ora alcune osservazioni.

Oggi.

L’esercito a differenza di tante altre occasioni non ha voluto assumere direttamente l’onere di governo. È anzi intervenuto per bloccare una deriva autoritaria e sanguinosa. Ha quindi imposto un governo provvisorio che, attraverso un periodo di decantazione, conduca a future elezioni e a nuovi assetti di potere. I generali hanno preferito occupare una posizione laterale, di attenta osservazione, rimanendo in ogni caso artefici di ulteriori cambiamenti se da loro ritenuti necessari. La scelta di un uomo conosciuto a livello internazionale come il premio Nobel Yunus è stata unanimemente apprezzata, ma il compito che attende l’85enne economista fa tremare i polsi. Le prime mosse tendono a calmare una folla disperata ed evidentemente incontrollabile nemmeno dalle forze di polizia. La nomina di due leader studenteschi, oltre ad esperti uomini dello stato in dicasteri strategici, va in quella direzione. Tutte da valutare saranno, non solo le idee politiche ed amministrative di Yunus, ma anche la sua reale autonomia decisionale.

Il Passato che non passa

La fuga, l’esilio, della 77enne Sheikh Hasina segna forse la fine di un’epoca. Hasina è la figlia di Sheikh Mujibur Rahman, padre della nazione bengalese, guida del movimento che portò il paese all’indipendenza dal Pakistan nel 1971, nonché primo Presidente del Bangladesh, massacrato nel 1975 con tutta la sua famiglia durante un golpe militare. Si salvò Hasina che si trovava in Germania Ovest a causa del lavoro del marito. Rifugiatasi in India, riuscì a rientrare in Bangladesh solo nel 1981, quando fu eletta capo del Partito della Lega Popolare Bengalese (Awami League) vincendo le elezioni del 1991. La sua rivale è da sempre la 79enne Khaleda Zia, leader del Partito Nazionalista del Bangladesh (BNP) e vedova del gen, Zia Ur-Rahman, prima golpista nel 1977 poi anch’egli assassinato nel 1881. Hasina e Zia si sono per anni alternate alla guida del Paese, anche se Khaled Zia oggi è agli arresti domiciliari, accusata di corruzione come il figlio Tarique Rahman, condannato a nove anni. Hasina e Zia sono state in perenne conflitto tra di loro, non solo politico, ma di rancore, se non di odio e di desiderio di vendetta. Per Hasina il BNP è ancora composto da traditori dello spirito dei combattenti per la libertà, da criminali di guerra e dagli assassini del padre della nazione, suo padre Mujib. Le due “donne forti” ancora oggi perpetuano ed interpretano una guerra tra “uomini forti” caduti per la storia del Bangladesh. Con gli avvenimenti di queste settimane si offre l’opportunità di chiudere un passato che non si è mai esaurito fino in fondo, aprendo a forze e persone che esprimano un indispensabile cambiamento.

Il futuro incero

La linea di politica estera di Sheikh Hasina è stata chiara. Aumentare il peso geopolitico del Bangladesh, approfittando della propria collocazione nel Golfo del Bengala, porta di accesso all’Asia meridionale e sudorientale, per approfittare delle rivalità regionali e internazionali, accettare aiuti e sostegno, ma evitare qualunque forma di dipendenza eccessiva.

Il Bangladesh è una sostanziale enclave indiana e deve all’India la sua indipendenza dal Pakistan. Per New Delhi, Hasina e la Lega Awami sono un alleato cruciale per mantenere lo status quo e garantire la sicurezza del confine nord-est evitando il rafforzamento dei movimenti separatisti dell’area, ma in Bangladesh non manca chi contesta le politiche discriminatorie verso i musulmani indiani da parte del partito nazionalista indù di Modi.

Il Bangladesh è anche però una sorta di stato-cuscinetto politico ed economico tra le due potenze asiatiche India e Cina in lotta per l’egemonia continentale. I rapporti con la Cina sono ottimi. A margine del summit dei Brics che si è tenuto in Sudafrica nell’agosto 2023, Hasina ha ricevuto l’esplicito sostegno del presidente Xi Jinping. La crescita dei rapporti commerciali ha superato i 20 miliardi di dollari nell’anno finanziario 2021-22 rispetto ai 3,3 miliardi di dollari del 2009-10, mentre le aziende cinesi hanno aumentato il loro coinvolgimento nei progetti di sviluppo del Paese fornendo beni e servizi per oltre 22 miliardi di dollari durante lo stesso periodo. Il Bangladesh è utile alla Cina per l’accesso alla costa e al Golfo di Bengala, dove Pechino mira alla costruzione di porti strategici come quello di Mongla, “conteso” con l’India. In cambio, Pechino può offrire quel sostegno finanziario e tecnico ai grandi progetti infrastrutturali che New Delhi non è in grado di offrire e che per Dacca sono fondamentali come una linea di credito indispensabile alla costruzione del ponte sul fiume Padma. Dacca sostiene inoltre la politica di “un’unica Cina”, e Pechino risponde facendo da mediatrice con il governo birmano sulla questione dei Rohingya.

Anche il rapporto con gli USA, partner commerciale e diplomatico di lunga data anche per le questioni della sicurezza, è di reciproco interesse. Per Washington, il Bangladesh è un partner strategico fondamentale nell’area dell’Indo-pacifico; per Dacca, gli Usa sono il primo destinatario delle esportazioni con il 14,5% del totale, in particolare nel settore tessile. Il rapporto è stato però segnato da screzi, incomprensioni e raffreddamenti da quando l’amministrazione Biden ha fatto del Bangladesh un banco di prova della sua politica estera fondata sui valori democratici e sull’enfasi per la promozione dei diritti umani. Alla fine del 2021, Washington ha imposto sanzioni al Rapid action battalion (Rab), famigerato reparto contro il crimine e il terrorismo. Hasina, ha risposto con fermezza, agitando spettri cospiratori. Sanzioni e appelli per elezioni libere e per il rispetto dei diritti umani sarebbero parte di una congiura orchestrata dagli Stati Uniti per attuare un cambio di regime, contro la volontà popolare. L’ambasciatore degli Usa in Bangladesh Peter Haas, che ha più volte chiesto al governo piena luce sugli episodi di violenza politica, è stato minacciato di morte più volte.

In questo gioco multipolare si è inserita anche la Russia. Nel porto di Chittagong hanno fatto tappa, per la prima volta in 50 anni, alcune navi militari della Marina russa. Segno di una partnership ultra-decennale, ma anche di un nuovo rapporto. E un modo per bilanciare gli sgarbi dettati dal partner americano, in nome del principio di non-allineamento: per Mosca un modo per proiettare il proprio potere a livello globale, segnalando a Washington che la guerra in Ucraina non l’ha indebolita o isolata. Proprio alla Russia Hasina si è affidata per la costruzione della prima centrale nucleare del Paese, a Roppur, costruita da Rosatom, la società statale russa per l’energia nucleare. La centrale è stata finanziata da Mosca con un prestito di 11,38 miliardi di dollari, da rimborsare in due decenni. Da ultimo anche la Francia ha trovato accoglienza a Dacca con la vista del Presidente Macron utile anche a definire un accordo commerciale per l’acquisto da parte della Biman Airlines, la linea aerea statale bangladese, di jet Airbus europei, anziché Boeing americani.

La politica bangladese ha in sostanza cercato negli ultimi anni una necessaria e salvifica equidistanza tra le potenze, un equilibrismo sia da un punto di vista economico che militare.

Questo equilibrismo ha portato ad un corposo consenso esterno, ma non è riuscito ad evitare la tempesta interna. La fune si è spezzata. E’ facile prevedere che l’attuale fase di caos e di incertezza mobiliterà, in attesa delle future elezioni, ogni tipo di pressione per orientare le future alleanze. E’ quello che sta avvenendo in tutto il subcontinente indiano, come alle Maldive o in Sri Lanka, con partiti filo indiani, americani, cinesi o russi in lotta tra di loro. Non esistono ormai lande incontaminate da questo nuovo “Grande gioco” geopolitico. Sentiremo quindi ancora parlare di Bangladesh e non solo per le sue fabbriche tessili o per le inarrestabili inondazioni.


Davide Fabbri