Boiardo, Amorum libri tres
DOVRANNO ESSERE PORTATI ALL'ESAME SOLO I TESTI EFFETTIVAMENTE LETTI E COMMENTATI A LEZIONE.
AMORUM LIBER PRIMUS
INCIPIT
1
Amor, che me scaldava al suo bel sole
nel dolce tempo de mia età fiorita,
a ripensar ancor oggi me invita
quel che alora mi piacque, ora mi dole.
Così racolto ho ciò che il pensier fole
meco parlava a l'amorosa vita,
quando con voce or leta or sbigotita
formava sospirando le parole.
Ora de amara fede e dolci inganni
l'alma mia consumata, non che lassa,
fuge sdegnosa il puerile errore.
Ma certo chi nel fior de' soi primi anni
sanza caldo de amore il tempo passa,
se in vista è vivo, vivo è sanza core.
2
Non fia da altrui creduta e non fia intesa
la celeste beltà de che io ragiono,
poiché io, che tutto in lei posto mi sono,
sì poca parte ancor n'hagio compresa.
Ma la mia mente che è di voglia accesa
mi fa sentir nel cor sì dolce sono
che il cominciato stil non abandono,
benché sia disequale a tanta empresa.
Così comincio, ma nel cominciare
al cor se agira un timoroso gielo
che l'amoroso ardir da me diparte.
Chi fia che tal beltà venga a ritrare?
Con qual inzegno scenderà dal cielo
che la descriva degnamente in carte?
3
Tanto son peregrine al mondo e nove
le dote in che costei qui par non have,
che solo intento al bel guardo suave
a l'alte soe virtù pensier non move.
Ma più non se ralegra el summo Jove
aver fiorito el globo infimo e grave
di vermiglie fogliete e bianche e flave,
quando fresca rogiada el ciel ne piove;
né tanto se ralegra aver adorno
il ciel di stelle, e aver creato il sole
che gira al mondo splendido d'intorno,
quanto creato aver costei, che sole
scoprir in terra a meza notte un giorno
e ornar di rose il verno e di viole.
4
Ordito avea Natura il degno effetto
ch'or se dimostra a nostra etade rea,
ne l'amoroso tempo in che volea
donar a li ochi umani alto diletto.
Ragiunti insieme al più felice aspetto
se ritrovarno Jove e Citerea
quando se aperse la celeste Idea
e diette al mondo il suo gentil concetto.
Sieco dal ciel discese Cortesia,
che da le umane gente era fugita,
Purità sieco e sieco Ligiadria.
Con lei ritorna quella antica vita
che con lo effetto il nome de oro avia,
e con lei inseme al ciel tornar ce invita.
5
Novellamente le benegne stelle
escon da l'occeano al nostro clima,
la terra il duol passato più non stima
e par che il verde manto rinovelle.
Amor, che le dorate sue quadrelle
più tien forbite, e il suo potere in cima,
questa beltà non mai veduta in prima
vuol dimostrar con l'altre cose belle.
Con bianchi zigli e con vermiglie rose,
coi vaghi fiori e con l'erbetta nova
l'ha dimostrata al parangone Amore.
Così natura e lui fra sé dispose
veder d'ogni beltà l'ultima prova
e dar il pregio a lei come a magiore.
6
Il canto de li augei de fronda in fronda
e lo odorato vento per li fiori
e lo ischiarir de' lucidi liquori
che rendon nostra vista più ioconda,
son perché la Natura e il Ciel seconda
costei, che vuol che 'l mondo se inamori;
così di dolce voce e dolci odori
l'aer, la terra è già ripiena e l'onda.
Dovunque e' passi move on gira il viso
fiamegia un spirto sì vivo d'amore
che avanti a la stagione el caldo mena.
Al suo dolce guardare, al dolce riso
l'erba vien verde e colorito il fiore
e il mar se aqueta e il ciel se raserena.
7
Aventurosa etade in cui se mira
quanto mirar non puote uman pensiero,
tempo beato e degnamente altero
a cui tanto di grazia el Cielo aspira
che solo a' zorni toi donar desira
uno effetto celeste, un ben intero,
qual non ha questo on quel altro emispero
né tutto quel che 'l sol volando agira;
quella stagion che fu detta felice
e par che al nome de auro ancor se alumi,
quanto può invidiarti, o nostra etade!
Ché se nectare avea ben nei soi fiumi
e mele avean le querce e le mirice,
giamai non ebbe lei tanta beltade.
8
MANDRIALIS
Cantati meco, inamorati augelli,
poiché vosco a cantar Amor me invita;
e voi, bei rivi e snelli,
per la piagia fiorita
teneti a le mie rime el tuon suave.
La beltà de che io canto è sì infinita
che il cor ardir non have
pigliar lo incargo solo,
ché egli è debole e stanco, e il peso è grave.
Vagi augelleti, voi ne giti a volo
perché forsi credeti
che il mio cor senta dolo,
e la zoglia che io sento non sapeti.
Vaghi augeleti, odeti:
che quanto gira in tondo
il mare e quanto spira zascun vento,
non è piacer nel mondo
che aguagliar se potesse a quel che io sento.
9
AD AMOREM
Alto diletto che ralegri il mondo
e le tempeste e i venti fai restare,
l'erbe fiorite e fai tranquillo il mare,
ed a' mortali il cor lieto e iocondo,
se Jove su nel cielo e giù nel fondo
fecisti il crudo Dite inamorare,
se non se vide ancora contrastare
a le tue forze primo né secondo,
qual fia che or te resista, avendo apreso
foco insueto e disusato dardo
che dolcemente l'anima disface?
Con questo m'hai, Signor, già tanto inceso
per un suave e mansueto guardo
che in altra sorte vita non mi piace.
10
Pura mia neve che ei dal ciel discesa,
candida perla dal lito vermiglio,
bianco ligustro, bianchissimo ziglio,
pura biancheza che hai mia vita presa;
o celeste biancheza, non intesa
da li ochi umani e da lo uman consiglio,
se a le cose terrene te assumiglio
quando fia tua vagheza mai compresa?
Ché nulla piuma del più bianco olore
né avorio né alabastro può aguagliare
il tuo splendente e lucido colore.
Natura tal beltà non può creare,
ma quel tuo gentil lustro vien da Amore,
che sol, che tanto puote, te 'l pò dare.
11
Rosa gentil, che sopra a' verdi dumi
dai tanto onor al tuo fiorito chiostro,
suffusa da Natura di tal ostro
che nel tuo lampegiar il mondo alumi,
tutti li altri color son ombre e fumi
che mostrerà la terra on ha già mostro:
tu sola sei splendor al secol nostro,
che altrui ne la vista ardi, e me consumi.
Rosa gentil, che sotto il giorno extinto
fai l'aria più chiarita e luminosa
e di vermiglia luce il ciel depinto,
quanto tua nobilitade è ancor nascosa!
Ché il sol, che da tua vista in tutto è vinto,
apena te cognosce, o gentil rosa.
12
A la rete d'Amor, che è texta d'oro
e da Vagheza ordita con tanta arte
che Ercule il forte vi fu preso e Marte,
son anche io preso, e dolcemente moro.
Così morendo il mio Signor adoro
che dal lacio zentil non me diparte,
né morir voglio in più felice parte
ca religato in questo bel lavoro.
Non fia mai sciolto da le treze bionde,
crespe, lunghe, legiadre e peregrine
che m'han legato in sì suave loco.
E se ben sua adorneza me confonde
e vame consumando a poco a poco,
trovar non posso più beato fine.
13
Ride nel mio pensier la bella luce
che intorno a li ochi di costei sintilla,
e levame legier come favilla
e nel salir del ciel se me fa duce.
Là veramente Amor me la riluce
e con sua man nel cor me la sigilla;
ma l'alma de dolceza se distilla
tanto che in forsi la mia vita aduce.
Così, rapto nel ciel fuor di me stesso,
comprendo del zoir di paradiso
quanto mortal aspetto mai ne vide.
E se io tornasse a quel piacer più spesso,
sarebbe il spirto mo' da me diviso,
se il soverchio diletto l'omo occide.
14
CAPITALIS
Arte de Amore e forze di Natura
Non fur comprese e viste in mortal velo
Tutte giamai, dapoi che terra e cielo
Ornati for di luce e di verdura:
Non da la prima età simplice e pura,
In cui non se sentio caldo né gielo,
A questa nostra, che de l'altrui pelo
Coperto ha il dosso e fatta è iniqua e dura,
Accolte non for mai più tutte quante
Prima né poi, se non in questa mia
Rara nel mondo, anci unica fenice.
Ampla beltade e summa ligiadria,
Regal aspetto e piacevol sembiante
Agiunti ha insieme questa alma felice.
15
CANTUS COMPERATIVUS
Chi troverà parole e voce equale
che giugnan nel parlare al pensier mio?
Chi darà piume al mio intelletto ed ale
sì che volando segua el gran desio?
Se lui per sé non sale,
né giugne mia favella
al loco ove io la invio,
chi canterà giamai de la mia stella?
Lei sopra l'altre cose belle è bella,
né col pensier se ariva a sua belleza,
perché a lo inzegno umano il Ciel la cella
né vuol che se salisca a la sua alteza,
se forsi Amor non degna darci aita
acciò che la vagheza
sia del suo regno qui tra noi sentita.
Porgime aita, Amor, se non comprende
il debol mio pensier la nobiltade
che a questo tempo tanta grazia rende,
che gloriosa ne è la nostra etade.
Sì come più resplende,
alor che il giorno è spento,
intra le stelle rade
la luna di color di puro argento,
quando ha di fiame il bianco viso cento
e le sue corne ha più di lume piene,
solo a sua vista è il nostro guardo intento,
ché da lei sola a nui la luce viene:
così splende qua giù questa lumiera,
e lei sola contiene
valor, beltade e gentileza intiera.
Come in la notte liquida e serena
vien la stella d'Amore avanti al giorno,
de ragi d'oro e di splendor sì piena
che l'orizonte è di sua luce adorno,
ed ella a tergo mena
l'altre stelle minore
che a lei d'intorno intorno
cedon parte del cielo e fangli onore;
indi rorando splendido liquore
da l'umida sua chioma, onde se bagna
la verde erbetta e il colorito fiore,
fa rogiadosa tutta la campagna:
così costei de l'altre el pregio acquista,
perché Amor la accompagna
e far sparir ogni altra bella vista.
Chi mai vide al matin nascer l'aurora,
di rose coronata e de jacinto,
che fuor del mar el dì non esce ancora
e del suo lampegiar è il ciel depinto,
e lei più se incolora
de una luce vermiglia,
da la qual fora vinto
qual ostro più tra noi se gli asomiglia;
e il rozo pastorel se maraviglia
del vago rossegiar de lo oriente
che a poco a poco su nel ciel se apiglia,
e con più mira più se fa lucente:
vedrà così ne lo angelico viso,
se alcun fia che possente
se trovi a rigurdarla in vista fiso.
Qual fuor de l'occean, di raggi acceso,
risurge il sole al giorno matutino,
e sì come fra l'unde e il ciel suspeso
va tremolando sopra il suol marino;
e poi che il freno ha preso
de' soi corsier focosi,
con le rote d'or fino
ad erto adriza e' corsi luminosi;
vista non è che amirar fermo lo osi,
ché di vermiglio e d'oro ha un color misto
che abaglia gli ochi nostri tenebrosi
e fa l'uman veder più corto e tristo:
tal è amirar questo mirabil volto,
che, da li ochi mei visto,
ogn'altro remirar a lor ha tolto.
Vago pensier, che con Amor tanto alto
volando vai, e del bel viso canti
che ti fa nel pensar il cor di smalto,
membrando di sua forma e dei sembianti,
rimasti da la impresa sì soprana,
però che tanto avanti
non va la possa de natura umana.