Linee guida per la stesura delle tesi
AVVISI AI LAUREANDI
Fare una tesi in Storia moderna
1. Benvenuti laureandi, ma…….
Sono sempre lieto di seguire una tesi, triennale o magistrale, nella mia disciplina. Ricordo però che la tesi conclude e corona un ciclo di studi universitario, vale a dire avanzato, superiore. Non è un’esercitazione liceale; non è un tema un po’ più lungo. Dev’essere invece il biglietto da visita del laureando, che nella stesura di quell’elaborato dimostra di aver appreso come affrontare ed esporre al meglio un argomento di un certo impegno scientifico.
Fare una tesi richiede pertanto un tempo adeguato. Nel colloquio per decidere se accordare o meno una tesi chiederò sempre allo studente quanti esami gli restano da sostenere e quali; se dispone di tutto il proprio tempo per lo studio (esami più tesi) o se invece lavora, a tempo pieno o parziale; se ha facilità o no di utilizzare biblioteche e archivi, e quali. Perché una tesi, per essere fatta seriamente, richiede non meno di qualche mese di lavoro a tempo pieno per la triennale e almeno sei mesi a tempo parziale per la magistrale. Se il laureando non si trova in questa condizione, la data della discussione dovrà slittare, senza se e senza ma.
Perciò chi sta scegliendo la materia della tesi di laurea e pensa di contattare me si muova per tempo e non attenda l’ultimo momento. Discutere la tesi è un obbligo per lo studente, ma quando discuterla non sta a lui deciderlo.
2. Che tipo di tesi?
Assegno tesi di laurea di due diversi tipi, sia per la triennale sia per la magistrale.
Un primo tipo di tesi consiste nella trascrizione e nell’edizione di un testo manoscritto o di una serie di documenti dell’età moderna. Solitamente si tratta di testi reperibili nella sezione manoscritti della Biblioteca Comunale Ariostea, nell’Archivio Storico Comunale di Ferrara o nell’Archivio di Stato di Ferrara, dove è possibile riprodurre digitalmente i testi e i documenti da riversare successivamente sul proprio computer. Questo permette di svolgere a casa propria la prima fase del lavoro, la trascrizione, fatto salvo ovviamente il controllo sugli originali dei passi dubbi.
Ma l’edizione di un testo o di un insieme di documenti comprende un’introduzione e un apparato di note che presuppongono la consultazione in biblioteca di repertori, dizionari biografici, monografie, articoli di riviste specialistiche. Nel corso degli anni ho fatto trascrivere cronache ferraresi del Seicento, epistolari del Settecento, documenti sulla storia di Ferrara nei secoli moderni, relazioni manoscritte di ambasciatori o memorie di avvenimenti specifici accaduti a Ferrara e dintorni.
Un secondo tipo di tesi consiste invece nella presentazione dell’opera di uno storico dell’età moderna o di un tema storiografico rilevante. Questo lavoro si svolge in biblioteca, leggendo libri e articoli di riviste, e all’occorrenza vedendo film sull’argomento in questione, con l’obiettivo di trarne delle osservazioni per quanto possibile originali.
Non è detto che i testi da leggere siano tutti in italiano; perciò chiedo sempre al laureando quali lingue straniere conosce meglio. Dovrebbe essere chiaro che un articolo su Luigi XIV in francese non presenta le difficoltà di lettura di un romanzo di Céline; né un saggio su Oliver Cromwell ha una sintassi e un lessico complessi come un sonetto di Shakespeare. Fatico quindi a comprendere l’imbarazzo che si dipinge sul volto dei laureandi quando domando quale/i lingua/e straniera/e conoscano.
Sappiate perciò sin d’ora che per la tesi triennale una lettura in una lingua straniera sarà inevitabile e per la magistrale ne sarà necessaria ben più d’una. E che il traduttore di Google dà risultati esilaranti, dei quali voi per primi dovreste accorgervi, non solo inutilizzabili, ma anche facilmente identificabili. Ricorrete perciò ai buoni vecchi vocabolari, cartacei o digitali. Al riguardo, in rete trovate tutto quanto possiate desiderare.
Per restare un momento sulle risorse digitali, non sono affatto contrario a che vengano usate, tutt’altro. Purché siano le risorse giuste, che esistono spesso, ma non sempre. Wikipedia, tanto per restare alla fonte più usata, contiene voci ottime e voci pessime, così come la rete vi offre siti pregevolissimi e siti inguardabili e fuorvianti. Da buoni laureandi, dovreste essere in grado di distinguerli e di decidere a quali potete utilmente attingere. Beninteso, guardandovi bene dal procedere con il copia-incolla. Perché, sapete, il vecchio professore ne ha viste tante e, ci crediate o no, la sa più lunga di voi e capisce sempre se state barando. L’età dà almeno questo vantaggio. Quindi, per favore, non provateci, se ci tenete a rispettare la scadenza prevista per la discussione della tesi.
3. Lavorare non basta; bisogna farlo bene.
La tesi è contenuto e forma. È un po’ come il capodopera dell’apprendista: dev’essere fatto a regola d’arte perché l’apprendista possa diventare maestro e cominciare a lavorare in proprio. Quindi non va presa sottogamba, ma curata in tutti gli aspetti. Richiede riflessione: bisogna darle una struttura, pensare a che cosa si vuole dire e organizzare il modo di dirlo; spirito di iniziativa: se un libro o un articolo di rivista non è disponibile a Ferrara, come purtroppo può accadere, si prende il treno per Bologna o per Padova dove quasi sicuramente lo si trova, e se si ricorre al prestito interbibliotecario occorre ricordare che esso ha i suoi tempi, quindi la raccolta del materiale bibliografico va programmata con un buon anticipo; inventiva: non bisogna fermarsi davanti al primo ostacolo, ma vedere se c’è un modo originale di risolvere l’eventuale problema; pazienza: la prima stesura sicuramente non andrà bene, perciò si scrive e si riscrive sinché non si è raggiunta la forma espressiva migliore: chiara e concisa.
Una tesi triennale di Storia moderna è lunga da 50 a 70 pagine; una tesi magistrale supera le 100 ed è ancor meglio se si avvicina alle 150. È un piccolo assaggio di libro, quindi deve essere strutturata come un libro: introduzione, capitoli, conclusioni, fonti (se ce ne sono), bibliografia, indici. Per ottenere un risultato apprezzabile occorre osservare alcune avvertenze, che espongo nelle pagine seguenti.
norme tipografiche per la redazione della tesi di laurea
1. Premessa.
Ogni studioso ha le sue preferenze e idiosincrasie di stile per quanto riguarda la redazione di un testo. Normalmente auspica che gli studenti seguano i criteri che vorrebbe vedere usati nei libri e saggi che egli stesso legge. Alcune norme sono di uso condiviso e quasi generale; altre variano a seconda delle case editrici e delle riviste. I criteri esposti di seguito non pretendo siano i migliori; sono semplicemente quelli preferiti da me, ai quali, valendomi del mio limitatissimo potere (morale) di coercizione, richiedo a chi si laurea con me di conformarsi.
La ratio ispiratrice di queste brevi note mira a suggerire come redigere un testo il più possibile gradevole alla lettura, limitando l’uso dei neretti, dei corsivi e del sottolineato; comodo da consultare grazie all’inserimento delle note a pie’ di pagina; utile al lettore per la precisione informativa e la chiarezza dei riferimenti bibliografici e archivistici.
2. Organizzazione e presentazione del testo.
La bozza, parziale o completa, di tesi da sottoporre alla mia lettura va redatta in un documento di word in tondo, giustificato, in corpo 12 con interlinea singola e numerazione delle pagine in basso al centro o a destra. Al momento della preparazione delle tesi per la stampa questo formato andrà adattato, per quanto riguarda l’interlinea, alle prescrizioni della facoltà.
Consiglio l’uso dei caratteri Times New Roman oppure Garamond (è una famiglia con diversi font: l’American Garamond è quello che fa risparmiare più spazio, l’Original Garamond è forse il più elegante) oppure Georgia oppure High Tower oppure Aldine. Se vi piace questo, è il Georgia. Se preferite che la pagina risulti più piena, usate il Times New Roman o l’American Garamond; altrimenti cercate un altro font e sperate che mi piaccia. Il mio preferito è tra quelli citati, ma non ve lo rivelo. Testo e note, non dovrei nemmeno ricordarlo ma l’esperienza purtroppo mi consiglia di farlo, vanno scritti nello stesso carattere.
Le note, anch’esse giustificate e in tondo, le porrete a piè di pagina in corpo 10, con numerazione continua dall’inizio alla fine dell’elaborato. Non dovrei precisare, ma anche stavolta lo preciso sulla base dell’esperienza, che alla fine di ogni nota va posto il punto fermo.
Titoli dei capitoli: in neretto, in carattere maiuscoletto e corpo 16.
Titoli degli eventuali paragrafi: o in corsivo o in tondo neretto in corpo 14.
Indice della tesi: in apertura, dopo il frontespizio. Se ogni capitolo è diviso in paragrafi, intitolati o numerati, nell’indice vanno inclusi i titoli o i numeri dei paragrafi (se ci sono dei sottoparagrafi vedremo il da farsi).
Al termine del testo vanno posti nell’ordine:
1) le eventuali fonti documentarie e manoscritte, in elenchi distinti;
2) la bibliografia;
3) l’eventuale indice o gli indici. Nel caso l’indice sia molto lungo si possono distinguere indici dei nomi di persona e indice dei luoghi, evidenziando nel primo in corsivo i nomi degli studiosi citati, per distinguerli dai personaggi. Nell’indice i nomi di battesimo devono sempre essere indicati per esteso. Il lettore deve sapere se Bitossi C. è Carlo o Cecilia o Christopher e Ricci G. è Giovanni o Gabriella o Gerald.
3. Citazioni nel testo.
Le citazioni vanno poste tra virgolette basse “caporali” o “a sergenti”: « », senza lasciare spazio tra la virgoletta e l’inizio o la fine della parola che segue o precede.
Esempio: «si deve scrivere così».
I segni di interpunzione vanno posti dopo le virgolette, non al loro interno.
Esempio:
«si scrive così». NON «si scrive così.»
Si segnala l’omissione di una o più parole nel corso di una citazione mediante tre puntini tra parentesi quadre.
Esempio:
«Le scrissi una lunga lettera proponendole di […] accorciare il testo del suo romanzo».
Le citazioni lunghe (dalle tre righe di testo in su) vanno poste tra “caporali” in corpo 11, con rientri di almeno 7 punti a sinistra e distanziate di una riga dal testo precedente e da quello successivo, come nell’esempio seguente:
«Per fare un esempio, una citazione lunga va inserita in questo modo, e non in modi stravaganti. Lo scopo di queste linee guida è di insegnare a redigere una tesi non solo in modo corretto, ma con una certa eleganza e omogeneità grafica. La sciatteria è un peccato capitale: c’è apposito un girone dell’Inferno per punire chi la pratica».
Le virgolette alte doppie “ ” vanno adoperate per indicare modi di dire e termini usati in maniera metaforica o iperbolica.
Esempi:
Virgolette “a sergente”.
Nel derby di andata li abbiamo “asfaltati”.
Le parole nelle lingue straniere e in quelle classiche vanno scritte in corsivo, a meno che non siano di uso ormai comune (esempio: derby). Si può discutere dell’opportunità di porre in tondo parole ed espressioni latine di uso molto comune: per esempio, grosso modo, statu o status quo. Questi casi verranno esaminati volta per volta.
Il rimando alla nota va posto in apice prima del segno di interpunzione, preferibilmente un punto fermo.
Esempio:
«Qui finisce il paragrafo 3»1.
4. Citazioni nelle note.
1. Libro.
1.1. La prima volta: nome per esteso in tondo + cognome in maiuscoletto, + titolo in corsivo, + luogo di edizione, + casa editrice, + anno di edizione. Nel caso di una ulteriore edizione si pone il numero ad apice dopo l’anno.
Le volte successive: cognome in maiuscoletto, + titolo abbreviato.
Esempio di prima citazione:
Claudio Costantini, La Repubblica di Genova nell’età moderna, Torino, Utet, 1978 e Claudio Costantini, La Repubblica di Genova nell’età moderna, Torino, Utet, 19942
Esempio di citazioni successive:
Costantini, La Repubblica di Genova.
In entrambi i casi seguono il numero della pagina (p.) o delle pagine (pp.) cui si fa riferimento.
Se gli autori del libro sono due si separano i nomi con “e” ; se sono più di due, con virgole.
1.2. Libro a cura di:
Titolo in corsivo, + luogo di edizione, + casa editrice, + anno di edizione, + a cura di + nome per esteso in tondo + cognome in maiuscoletto del curatore; se sono due curatori si separano con “e”, se sono più di due con virgole.
Esempio:
Genova 1746: una città di antico regime tra guerra e rivolta, a cura di Carlo Bitossi e Claudio Paolocci, Genova, Archivio di Stato di Genova, 1998.
Ma:
Diego A. Maradona, Tiri in porta e tiri di coca, intervista a cura di Giampiero Galeazzi, Roma, RAI Edizioni, 2000.
1.2. Articolo o saggio in rivista.
La prima volta.
Nome per esteso in tondo + cognome in maiuscoletto, + titolo del saggio in tondo tra virgolette alte semplici, + in + nome della rivista in tondo tra parentesi basse a caporali, + annata in numero romano o arabo a seconda dell’uso della rivista che si cita (fa fede il frontespizio della stessa) + anno tra parentesi tonde, + eventualmente numero del fascicolo se la rivista non ha una numerazione continua delle pagine dal primo fascicolo all’ultimo, + pagine per esteso separate da un trattino
Esempio:
Paolo Rossi, ‘Come vincemmo i mondiali di calcio nel 1982. Riflessioni di un protagonista’, in «Il Calciatore», LXIII (2011), 2, pp. 3-8, oppure «Il Calciatore», LXIII (2011), pp. 523-528.
Le volte successive: cognome in maiuscoletto, titolo abbreviato tra virgolette alte semplici, + pagina o pagine cui si fa riferimento.
Esempio:
Rossi, ‘Come vincemmo i mondiali di calcio’, p. 8 (oppure pp. 523-524).
1.3. Articolo o saggio in volume collettivo a cura di.
Come sopra, sia per il riferimento all’articolo o saggio sia per il riferimento al volume collettivo. Dopo la prima citazione si segue la norma che vale per l’articolo o saggio, senza più far riferimento al volume.
1.4. Citazioni ripetute in note consecutive.
Se si cita all’inizio di note consecutive lo stesso libro o saggio, invece di ripetere autore e titolo, anche abbreviato, si scrive Ibidem, + pagina o pagine.
Esempio:
(6) Rossi, ‘Come vincemmo i mondiali di calcio’, p. 8.
(7) Ibidem, p. 16.
1.5. Citazioni dello stesso autore/autrice.
Se si citano in una stessa nota o in note consecutive libri o saggi dello stesso autore, il nome e cognome viene sostituito da Id. se è un uomo, Ead. se è una donna, in maiuscoletto, + titolo e pagina secondo le norme sopra elencate.
Esempi:
Claudio Costantini, La Repubblica di Genova nell’età moderna, Torino, Utet, 1978; Id., Le monarchie assolute. Il Seicento, Torino, Utet, 1986.
e
(8) Costantini, Le monarchie assolute, p. 342.
(9) Id., La Repubblica di Genova, p. 221.
5. Bibliografia.
Libri, articoli e saggi citati in nota confluiscono in un unico indice alfabetico di cognome e nome di autore; i volumi collettivi e le curatele si inseriscono secondo l’ordine alfabetico dei curatori. I lavori di uno stesso autore si pongono in ordine cronologico.
Esempio:
Rossi Paolo, I mondiali di calcio del 1982, Roma, Figc Editrice, 1988
Rossi Paolo, ‘Come vincemmo i mondiali di calcio nel 1982. Riflessioni di un protagonista trent’anni dopo’, in «Il Calciatore», LXIII (2012), 2, pp. 3-8
Russo Pietro, a cura di, Fu vera gloria? I mondiali di calcio del 1982, Milano, Sveglia Editore, 1990
Silenzi Giovanni, L’Italia nel pallone. Sociologia del calcio in Italia, 1945-2010, Rapallo, Tigullio University Press, 2013
6. Fonti manoscritte e archivistiche.
Nome dell’istituto (biblioteca o archivio), scritto la prima volta per esteso in tondo e in seguito con una abbreviazione segnalata nella prima citazione tra parentesi tonde, + località nella quale si trova, + nome del fondo in tondo, + numero di corda identificativo del manoscritto o del documento, + eventuale titolo in corsivo, + numero di pagina/e o carta/e. L’abbreviazione di carta/e è c./cc. + spazio + numero + senza spazio retto ( r ) o verso ( v ).
Esempi:
Biblioteca Comunale Ariostea, Ferrara (BCA), Manoscritti Antonelli, 7353, Cronaca di Codigoro, c. 58v (oppure cc. 56v-59r).
Dopo la prima citazione si può abbreviare il riferimento in modi che saranno concordati caso per caso.
Archivio Storico Comunale di Ferrara (ASCFE), Manoscritti Deputazione di Storia Patria, 235, p. 233.
Nel caso degli Archivi di Stato si usa la formula AS + sigla automobilistica, + nome del fondo archivistico in tondo, + numero di corda dell’unità archivistica, + eventuali ulteriori indicazioni identificative del documento
Esempio:
Archivio di Stato di Ferrara (ASFE), Notai, 2356, doc. 213, Notaio Luca Mezzogori, atto di accartazione di Matteo Pezzani, Ferrara, 23 giugno 1675. Quel che segue il numero del documento va indicato nella prima stesura della tesi, salvo decidere se sopprimerlo nella stesura definitiva conservando soltanto gli elementi identificativi essenziali.
7. Infine…..
Non occorre trattarne qui, perché dovrebbe essere scontato per uno studente del Dipartimento di Studi Umanistici. Il laureando sa adoperare gli accenti giusti: perché e non perchè; né e non nè. Sa anche che sto non è accentato, ma dà lo è. E che ventitré ha l’accento, anche se nei giornali non lo si trova quasi mai, e così viceré, ad esempio (e digita la giusta “e” accentata). Quanto al povero po’, reca l’apostrofo e non l’accento.
I segni di interpunzione è bene usarli tutti. La soppressione del punto e virgola e dei due punti, a vantaggio dei soli punto fermo e virgola, non è ancora stata approvata dal Parlamento e men che mai dai buoni scrittori; anch’io la disapprovo: e questo dovrebbe suggerirvi di non adottarla. Quanto alle virgole, vanno buttate tra le parole come il sale nell’acqua di cottura: quanto basta; né troppe né troppo poche.