Ajaccio-Sant'Elena, 1769-1821. Napoleone da un'isola a un'altra. I
1. Napoleone nacque suddito di Luigi XV quando la Corsica era stata annessa alla Francia da appena un anno, il giorno di Ferragosto del 1769. Il padre aveva combattuto con gli indipendentisti contro i francesi, ma poi si adeguò rapidamente, e avendo una famiglia numerosa e mezzi limitati cercò di trarre vantaggio dal nuovo regime. Ottenne il riconoscimento della nobiltà (in Corsica la nobiltà feudale era limitata a pochissime casate e i Buonaparte non erano tra quelle: l'antenato, originario forse di Sarzana, era arrivato nell'isola come soldato di ventura all'inizio del Cinquecento) e di conseguenza cominciò a chiedere il patrocinio regio per far studiare i figli: i maschi più grandi in accademie militari, le femmine in collegi per giovani nobili. Così Napoleone, il secondogenito, si recò in Francia a dieci anni e nel tempo divenne ufficiale di artiglieria. L'artiglieria era un'arma tecnica, per la quale occorrevano non sangue blu ma abilità nel calcolo; assieme al genio era un'arma in un certo senso meritocratica. Nel 1785 il padre, Carlo, morì, lasciando una vedova trentacinquenne e otto figli, il maggiore dei quali, Giuseppe, aveva diciassette anni. Ma a diventare capofamiglia fu il secondogenito, Napoleone, perché palesemente il più volitivo e deciso, secondo il costume corso.
2. Il giovane Napoleone leggeva Rousseau e sognava di diventare il liberatore della sua isola dagli oppressori francesi. Era spesso in congedo dal servizio per seguire gli affari di famiglia nell'isola. Si cimentò anche nella letteratura, con scarsi risultati. Fu la Rivoluzione a cambiare il suo destino. Poiché non si sentiva francese né provava alcuna lealtà verso il re (che per giunta disprezzava perché uomo debole) a differenza di tanti ufficiali aristocratici rimase in servizio e combatté per la repubblica giacobina. Si distinse come ufficiale di artiglieria nell'assedio di Tolone e fu protetto dal fratello minore di Robespierre. Poteva passare per un generale giacobino, anche se le sue idee politiche erano tutt'altro che giacobine. Perciò la caduta di Robespierre lo emarginò improvvisamente. Venne recuperato nel 1795 da un ex terrorista, Barras, che lo aveva conosciuto a Tolone e aveva bisogno di un generale fidato, sicuramente repubblicano, per stroncare l'insurrezione monarchica a Parigi. A cannonate Napoleone eseguì con durezza il non difficile compito e ritornò in auge. Ne guadagnò una moglie (desiderava sistemarsi e metter su famiglia: Barras gli fece conoscere una giovane vedova originaria dei Caraibi, figlia di piantatori rovinati, che era stata sua amante: Rose-Joséphine Tascher de la Pagerie vedova de Beauharnais: più titoli che soldi e qualche anno più del marito, tant'è che sul certificato di matrimonio, civile, lei si ringiovanì di tre anni e lui si invecchiò di uno) e il comando dell'Armata d'Italia.
3. Il fronte italiano era quello secondario. La guerra si doveva decidere sul Reno. L'armata d'Italia era considerata di second'ordine rispetto a quella del Reno. Invece..... Nel 1796-1797, con una folgorante campagna rimasta negli annali della storia militare, Napoleone dimostrò di essere un condottiero di eccezionali capacità: vinse tutte le battaglie, occupò l'Italia settentrionale, mettendone in fuga i sovrani, costrinse alla pace il Piemonte e il papa, inseguì gli austriaci sino a cento chilometri da Vienna. Lì stipulò un armistizio e trattò la pace cedendo all'Austria una parte del territorio della ex repubblica di Venezia. Agì da capo politico più che da militare, senza tener conto delle direttive del governo. Ma poteva farlo perché aveva stravinto e mandato in Francia denaro, cavalli, opere d'arte, mentre l'armata del Reno aveva segnato il passo. In Italia Napoleone si scoprì politico e operò da politico. Fece anche in modo di cominciare ad accumulare una cospicua fortuna per sé e la famiglia, lucrando sulle forniture militari e sugli appalti per mezzo del fratello maggiore Giuseppe.