La superpotenza ottomana
Abbiamo girovagato per l'Europa orientale e soprattutto abbiamo affrontato il tema del confronto tra Cristianità e mondo musulmano nel Cinque-Settecento. Ovvero: gli stati della sponda cristiana del Mediterraneo e l'Impero ottomano con i suoi alleati barbareschi: le città-stato del Maghreb, Algeri, Tunisi, Tripoli, che praticavano la corsa ed erano formalmente sottomesse al sultano.
L'Impero ottomano è uno stato che non esiste più, perciò è difficile comprenderne e persino immaginarne l'ìmportanza. Eppure è stato per almeno quattro secoli una grande potenza e per due secoli una superpotenza, anzi forse LA superpotenza, nell'area mediterranea. A cavallo di Europa, Asia e Africa, perché dalla capitale Istanbul (= Costantinopoli) dominava i Balcani in Europa, Anatolia, Caucaso, Mesopotamia, Siria, Palestina e parte dell'Arabia in Asia, Egitto e città barbaresche in Africa. Controllava anche i porti dai quali partivano le merci orientali dirette in Occidente, a Venezia e Genova dapprima e in primo luogo, e col tempo in Francia, Olanda, Inghilterra. I territori del sultano erano anche importantissimi granai dai quali attingere in tempi normali e ancor più in tempi di carestia. Perciò con gli Ottomani si faceva la guerra ma anche ottimi affari e spesso le due cose contemporaneamente, perché le guerre e le guerriglie corsare, praticate dall'una e dall'altra parte, non escludevano né trattati commerciali né un intenso contrabbando.
Sull'impero ottomano abbiamo oggi una bibliografia ottima ed esauriente. Lo studente italiano può informarsi meglio sugli Ottomani che sulla Russia degli zar o sulla Polonia, ad esempio. Perché? Perché dalle Torri gemelle, e dalla diffusione dell'idea che sia in corso uno "scontro di civiltà" (Occidente vs Islam), in poi tutti i principali editori si sono affrettati a tradurre libri sull'Islam, sulla storia dei paesi islamici quindi anche sui turchi. E poi la richiesta della Turchia di entrare nella UE, molto dibattuta e sostanzialmente rimandata alle calende greche, ha solleticato la curiosità su questo stato e sul suo popolo. Che nella memoria collettiva di molti paesi mediterranei, compreso il nostro, è legato a un'immagine aggressiva e ostile: Mamma li turchi! Tra gli studiosi che hanno svolto per primi, e senza attendere le novità della cronaca, una riflessione originale sull'immagine dei turchi e sulle sue diverse sfaccettature nell'Italia moderna figura in primo piano Giovanni Ricci, fino a due anni fa docente di Storia moderna nella nostra università e autore di una trilogia di libri, editi dal
Mulino, su vari aspetti dell'immagine del Turco nell'Italia rinascimentale e moderna.
Una sintesi in pillole della storia dell'impero ottomano. Fase espansiva: da metà Trecento alla fine del Cinquecento per terra e per mare. Una battuta di arresto sul mare: Lepanto 1571. Fase espansiva per terra: sino al 1683. Un'altra battuta di arresto: Vienna 1683. Un confuso ripiegamento: 1683-1717. Gli Ottomani sono respinti oltre Belgrado dall'avanzata dell'Impero asburgico. Consolidamento. Le guerre terrestri del Settecento finiscono con un nulla di fatto. Addirittura gli ottomani riconquistano qualcosa, ad esempio Belgrado. Con il passare del tempo però il vero e più pericoloso nemico degli Ottomani non viene più da occidente, dall'Austria, ma dalle steppe del nord: è l'impero russo che marcia verso il Mar Nero, verso i Balcani, verso il Mediterraneo. Perciò nell'Ottocento l'Impero ottomano è puntellato da inglesi e francesi per impedire ai russi di annientarlo, come erano in grado di fare. Va ricordato inoltre che dagli anni '30 del Cinquecento in poi la Francia, nemica degli Asburgo che dominavano in Spagna, Italia e territori austriaci, aveva un rapporto di sostanziale amicizia con l'Impero ottomano. Venezia, che pure vide il suo impero nel Mediterraneo orientale invaso e occupato in tempi diversi dagli Ottomani, combatté sì una serie di guerre contro di esso, ma intervallate da lunghi periodi di pace e convivenza, che permettevano ai mercanti veneziani di commerciare proficuamente con il Vicino Oriente e di trarne gran parte delle ricchezze della Serenissima.
Ad erodere e far crollare l'Impero è l'emergere dei nazionalismi. Dapprima e soprattutto quelli dei popoli balcanici: sottomessi per secoli, serbi, greci, rumeni, bulgari si rendono via via indipendenti nel corso dell'Ottocento. Ma anche l'Egitto dal primo Ottocento si rende indipendente. In seguito emerge anche il nazionalismo degli arabi sobillati dagli inglesi, che si ribellano durante la Prima guerra mondiale. Dopo la quale l'Impero ottomano scompare. Non solo perché il sultano viene deposto ed è proclamata una repubblica. Ma soprattutto perché il territorio si restringe alla Turchia attuale, a sua volta rifondata da un capo militare, il generale Mustafà Kemal detto Ataturk, su basi nazionaliste, modernizzatrici e laiche, e con una popolazione compattamente turca (e curda) in seguito a un doppio processo di pulizia etnica: i nazionalismi cristiani balcanici avevano costretto all'emigrazione i turchi trapiantati nel tempo in quei paesi; i nazionalisti turchi costrinsero alla fuga la minoranza greca dell'Anatolia occidentale (una presenza che risaliva a sette-otto secoli avanti Cristo) e decimarono la minoranza armena dell'Anatolia orientale. Massacri terribili o un vero e proprio genocidio, quest'ultimo? E' questione caldissima e aperta. In Francia, dove sono numerosi, gli armeni hanno ottenuto la qualifica di crimine contro l'umanità per le stragi compiute dai turchi nel 1916-1918; ma il governo turco rifiuta di riconoscere alcun torto nei confronti degli armeni ricordando le pesantissime perdite sofferte dai turchi durante la guerra e l'atteggiamento favorevole al nemico russo da parte degli armeni. Sull'argomento si veda il film dei fratelli Taviani, La masseria delle allodole.
Per secoli l'Impero ottomano è stato una grande potenza militare, principalmente terrestre, ma a lungo anche marinara: temuta dalle potenze cristiane ma anche ammirata per alcuni aspetti efficienti della sua amministrazione. Il mondo mediterraneo islamico in generale e quello ottomano in particolare apparivano ed erano più aperti e meritocratici della Cristianità. Il sultano tollerava il pluralismo confessionale, accoglieva gli ebrei, lasciava ortodossi, cattolici e protestanti pregare a modo loro, ovviamente tassandoli di più rispetto ai musulmani (perciò era persino conveniente per le casse dello stato ottomano che gli infedeli seguitasserop ad essere numerosi) e prelevando un contingente di giovani cristiani, soprattuttto balcanici, da convertire e utilizzare come truppe scelte (i giannizzeri). Ammiragli, generali e funzionari dell'impero erano spesso e volentieri ex cristiani, in genere di origini modeste o modestissime. Le ascese sociali possibili al servizio del sultano erano inconcepibili nella cristianità del Cinque-Seicento. Gli stessi sultani spesso erano turchi solo di nome, perché le mogli e concubine dei sultani erano per lo più donne cristiane greche, balcaniche, russe, anche italiane.
Come superpotenza collocata tra Europa e Asia l'Impero aveva due direttrici di espansione: una mediterranea contro gli stati cristiani e una asiatica contro l'Impero persiano, l'altro grande assente dai nostri libri di storia. Nell'impossibilità di sostenere uno sforzo su due fronti, i sultani oscillavano tra una politica di espansione a occidente (Mediterraneo, Balcani) e una a oriente (Caucaso, Mesopotamia, Persia). E a lungo le difficoltà maggiori furono rappresentate non dalle potenze cristiane, divise, litigiose e spesso diposte ad allearsi con i turchi, come fece la Francia, ma dalla Persia, alla quale per altro nel corso del tempo gli Ottomani strapparono l'egemonia sulle regioni del Caucaso e sulla Mesopotamia.
Nel 1571 Lepanto segnò la fine della grande marina ottomana. Anche se alcuni storici sminuiscono la portata di quella disfatta, perché essa non ebbe conseguenze politiche di rilievo, dopo di essa gli ottomani si guardarono bene dal condurre grandi campagne navali e solitamente sul mare furono sconfitti o rimasero sulla difensiva. Un secolo dopo, il fallito assedio di Vienna nel 1683 segnò la fine della spinta offensiva nei Balcani e l'inizio di un rapido riflusso. Gli ottomani non avevano innovato le loro tecniche belliche e i loro armamenti; le potenze cristiane sì, nel corso della guerra dei Trent'anni e delle altre guerre che le avevano contrapposte nel Seicento. Perciò i temuti giannizzeri si rivelarono alla lunga battibili, le armate ottomane andarono incontro a disfatte sanguinose, territori sottomessi al sultano da cento o duecento anni vennero annessi all'Impero degli Asburgo.
Questa vicenda di spettacolare ascesa e di drammatico declino induce a chiedersi quali fossero i punti deboli dell'impero ottomano. L'apertura al merito e la tolleranza verso le minoranze diventarono alla lunga uno svantaggio, perché senza mercanti e banchieri ebrei, armatori, marinai e finanzieri greci, commercianti armeni e uomini d'arme rinnegati delle più diverse origini cristiane l'Impero non si reggeva. I turchi, contadini, pastori, soldati, piccoli artigiani, erano tecnologicamente arretrati, dovevano importare tutto, non inventavano nulla. Non avevano un vero equivalente delle università e delle accademie scientifiche dell'Occidente, ma le scuole coraniche. Introdussero la stampa solo nel Settecento e non la svilupparono. Non svilupparono nemmeno un pensiero economico e finanziario all'altezza dei cambiamenti. L'Impero finì insomma col restare fermo mentre gli altri progredivano, quindi venne inevitabilmente scavalcato. La sua forza era stata sin dall'inizio principalmente militare; ma una volta che su questo terreno le potenze cristiane lo ebbero superato la sua sorte fu segnata. Sopravvisse perché era diventato innocuo e pacifico ed eliminarlo avrebbe creato più problemi che non conservarlo come un protettorato.
Nell'Ottocento fu definito, forse da un diplomatico russo o forse dallo stesso zar Nicola I, «l'uomo malato d'Europa». Ma le origini di tanti probemi attualissimi, dagli odi interetnici nei Balcani alla questione palestinese, si trovano, intrecciate ad altre cause, come è ovvio, nei modi in cui l'Impero ottomano si sviluppò, declinò e venne infine disgregato.