Primati fossili e primi ominini

Questa vetrina ospita diversi modelli di resti scheletrici di primati fossili, principalmente riferibili a diretti antenati dell'Uomo e a forme umane attualmente estinte, accanto a manufatti della più antica cultura materiale.

Apre la rassegna un modello scheletrico di Oreopithecus bambolii, primate del Miocene superiore (circa 7-9 milioni di anni fa) i cui resti sono stati rinvenuti esclusivamente nell'Italia centrale.

Si entra successivamente nella problematica dell'evoluzione della superfamiglia degli ominini, alla quale appartiene il genere Homo e i generi fossili che lo hanno preceduto. E' esposta un'ampia serie di modelli cranici di Australopiteci (Australopithecus africanus, Australopithecus/ Paranthropus robustus, Australopithecus/ Paranthropus boisei), individui vissuti a partire da circa 5 milioni di anni fa in Africa meridionale e orientale, attualmente conosciuti attraverso una moltitudine di forme.

In un momento successivo compare il genere Homo, rappresentato inizialmente dal gruppo Homo rudolfensis/Homo habilis, il primo più antico (2,5 milioni di anni), di cui è presentato un modello di cranio proveniente da Koobi Fora, ad est del Lago Turkana (Africa), il secondo con datazioni più recenti (1,8 milioni di anni). Entrambe le specie sono associate ai più antichi manufatti di pietra conosciuti (industria su ciottolo).

L'esposizione prosegue illustrando la problematica della comparsa di Homo ergaster / Homo erectus e delle diverse tappe della sua diffusione nel Vecchio Continente, a partire da 1,8 milioni di anni fa. Sono esposti modelli cranici provenienti dall'Africa orientale (Olduvai), dall'Asia (reperti scoperti a Giava e in Cina, già noti rispettivamente come Pitecantropi e Sinantropi) e dall'Europa.

In quest'ultimo continente, in particolare, dove i più antichi resti noti, riferibili a circa 800.000 anni da oggi, provengono dall'Italia (Ceprano) e dalla Spagna (Atapuerca), si sviluppa una specifica forma europea di erectus, definita dai diversi ricercatori come Homo antecessor (denominazione proposta per le forme più arcaiche, quali quelle di Atapuerca) o Homo heidelbergensis.

Tra i reperti noti sono esposti i modelli dei crani ritrovati a Mauer, Verteszöllös, Steinheim, Arago, Swanscombe e Fontéchevade, e alcune collezioni di manufatti litici provenienti da varie località (bifacciali, manufatti di tecnica Levallois ecc.).


Oreopithecus bambolii

Modello di scheletro in connessione anatomica quasi completo di Oreopiteco proveniente dalla miniera di lignite di Baccinello (Grosseto).

Questo Primate fossile, i cui resti furono rinvenuti per la prima volta nel 1871 nelle miniere di lignite del Monte Bamboli (Grosseto), visse durante il Miocene superiore (tra circa 9 e 7 milioni di anni fa) nell'area tosco-sarda, che all'epoca costituiva un'isola nel Mare Mediterraneo.

Per la particolarità dei tratti morfologici dello scheletro, sia la sua posizione sistematica nell'ambito dell'ordine dei Primati, sia il suo comportamento locomotorio sono stati a lungo ampiamente discussi.

Recenti studi hanno messo in evidenza l'estrema originalità di questo Primate, caratterizzato da un'andatura bipede abituale e da una mano con pollice opponibile, caratteri ritenuti precedentemente esclusivi dell'uomo e delle scimmie antropomorfe.

Modello di cranio di Australopithecus africanus (Taung, Sudafrica)
Modello di cranio di Australopithecus africanus (Taung, Sudafrica)

 

 

Australopithecus africanus

Modello di cranio di Australopithecus africanus rinvenuto a Taung nel 1924 all'interno di una cava di calcare, insieme ad una mandibola e ad un calco endocranico naturale.

Il ritrovamento venne descritto per la prima volta da Raymond Dart, il quale ritenendolo attribuibile ad un ominino antico, creò per identificarlo il genere Australopithecus (scimmia dell'Africa meridionale), a cui aggiunse successivamente il nome specifico di africanus.

I reperti erano riferibili ad un giovane individuo dell'età di circa tre-sei anni con cervello ancora molto piccolo (405 cm³) e caratteristiche anatomiche evolute: dentatura dall'aspetto umano, con canini ridotti, e cranio caratterizzato alla base da foro occipitale in posizione avanzata, indice di un adattamento al bipedismo. L'età del reperto è stimata essere intorno a 1,2 milioni di anni.

Modello di cranio di Paranthropus (Australopithecus) boisei (Olduvai, Tanzania)
Modello di cranio di Paranthropus (Australopithecus) boisei (Olduvai, Tanzania)

Paranthropus (Australopithecus) boisei

Modello di cranio di Paranthropus (Australopithecus) boisei (OH 5), già noto come Zinjanthropus boisei. Ritrovato nel 1959 nel I strato della gola di Olduvai (Tanzania) da Louis e Mary Leakey, il reperto è datato a circa 1,8 milioni di anni fa.

Si tratta del cranio quasi completo di un individuo maschile adolescente appartenente a una forma robusta di australopiteco.

Caratterizzato da faccia massiccia, proiettata in avanti (prognatismo) e da una potente cresta sagittale, Australopithecus boisei presenta una capacità cranica di circa 500 cm³.

Cranio di Homo erectus (Zhoukoudian, Cina)
Cranio di Homo erectus (Zhoukoudian, Cina)

Homo erectus

Utilizzata da tempi immemorabili per l'estrazione di denti fossili venduti per le loro presunte proprietà medicinali nelle farmacie cinesi, l'interesse paleontologico della grotta di Zhoukoudian, situata a circa 40 km da Pechino, venne riconosciuto solo nel 1929, in seguito al ritrovamento del primo cranio di Homo erectus.

A questa scoperta fece seguito quella di numerosi altri resti riferibili a circa 40 individui, andati sfortunatamente perduti nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Ulteriori ricerche, in corso a partire dagli anni '60, hanno permesso di rinvenire nuovi reperti, in associazione con industria litica, fauna e tracce di fuoco, all'interno del deposito della grotta, datato complessivamente al periodo compreso tra 600.000 e 230.000 anni fa.

Da un punto di vista morfologico, Homo erectus di Pechino, già noto come Sinantropus pekinensis, presenta una calotta cranica bassa e lunga, caratterizzata da ossa spesse, massiccio toro sopraorbitario, frontale sfuggente, toro occipitale angolare e mento assente. La capacità cranica è compresa tra 850 e 1200 cm³.

Cranio di Homo heidelbergensis (Tautavel, Francia)
Cranio di Homo heidelbergensis (Tautavel, Francia)

Homo heidelbergensis

Modello di cranio compilato di Homo heidelbergensis costituito dal facciale (Arago 21) e dal parietale (Arago 47) della grotta della Caune de l'Arago (Tautavel, Francia) e dall'occipitale di Swancombe (Gran Bretagna).

Il temporale appartiene ad uno dei resti di Homo erectus provenienti da Giava (Pitecantropo VIII).

Dalla grotta della Caune de l'Arago provengono complessivamente oltre 50 resti fossili attribuiti a Homo heidelbergensis, ritrovati a partire dal 1964.

I reperti utilizzati per la compilazione del cranio (facciale e parietale) sono stati attribuiti allo stesso individuo, la cui morfologia anticipa per vari tratti quella dei neandertaliani, e datati a circa 400.000 anni fa.

Tra i tratti salienti di questo reperto si ricordano: capacità cranica di circa 1150 cm³, massiccio toro sovraorbitario, frontale sfuggente e prognatismo alveolare.